Ninni Raimondi -  Maggio 2020 - -© Copyright all over the World                             
 
 
 
 
 
 
Era mezzanotte passata quando Antoine ritornò a casa, ma Danielle era ancora in piedi. Non era andata a coricarsi, ben sapendo che non sarebbe riuscita a dormire fino a quando lui non fosse rincasato sano e salvo. Desiderava fra l'altro tentare un'opera di riconciliazione. 
Dopo essersi spogliata, era ritornata dabbasso in vestaglia e si era seduta davanti al fuoco. Non si era mai sentita così umiliata in vita sua. Antoine le aveva lanciato un'accusa infamante che le pesava sul cuore come un macigno. La situazione andava chiarita a ogni costo. 
Quando lui entrò in cucina, Danielle abbozzò un sorriso mesto. 
 
“Che cosa diavolo fai qui?” l'aggredì lui arrabbiato. “Ti avevo pur detto di non aspettarmi!” Era pallido e scarmigliato. 
Danielle si chiese con dolore se quell'aspetto non fosse dovuto a un'appassionata notte d'amore. “Volevo parlarti.” 
“Parlarmi? A quest'ora di notte?” Le indicò l'orologio con un gesto teatrale e lei capì che aveva bevuto. “Non c'è niente da dire.” Si levò il giaccone e lo buttò su una sedia. 
“Invece, sì” insistette lei alzandosi in piedi. Strinse i lembi della vestaglia. “Antoine, non c'è niente tra me e David Howard.” 
“Niente?” 
“Niente.” Emise un sospiro. “Mi credi?” “No.” 
“Oh, Antoine...” 
“Smettila di piagnucolare!” gridò lui. “Ne ho sentite di cosette sul tuo conto, stasera! La mia cara mogliettina si intrattiene con altri uomini quando il sottoscritto è fuori casa.” 
“Non è vero.” 
“Certo che è vero!” la contraddisse Antoine crudele. “Ti ho colta in flagrante io stesso, oggi pomeriggio.” Scosse il capo. “E pensare che non sono nemmeno andato a Lione perché ero preoccupato per te.” Fece una smorfia. “Quando sono arrivato ad Anciens, ho telefonato al cliente per rimandare l'appuntamento. Che sciocco sono stato!” 
“Antoine, non sapevo che David sarebbe venuto.” 
“In realtà te lo aspettavi. E non è la prima volta, vero?” 
 
Lei esitò.  
“E' passato anche qualche giorno fa. Ma si è trattenuto per poco.” “"Per poco"?” Era chiaro che non le credeva. 
“E' la verità, Antoine. Perché mai dovrei mentirti? Non t'importa niente di quello che faccio.” 
“Che cosa intendi dire?” Avanzò verso di lei con aria minacciosa. 
Lei indietreggiò di un passo. “Quello che ho detto. Non t'importa un fico secco di me, non negarlo. Però mi consideri una tua proprietà personale e ti senti in diritto di criticarmi alla prima occasione che si presenta, come se tu fossi un angioletto!” 
“A che cosa ti stai riferendo?” 
“Alla tua relazione con Vivienne Couvrier!” confessò lei senza più trattenersi. “Non ne sai nulla.” 
“Be', posso immaginare!” 
“Davvero? E che cosa ti immagini?” “Non capisco.” Lo fissò perplessa. 
“Un'innocentina come te che cosa può mai sapere di queste cose?” “Non chiamarmi così!” 
“Non è mica un'offesa!” 
“Sì, se pronunciata con quel tono di voce!” si ostinò Danielle fissando la punta delle pantofole. “In ogni caso, non sono una bugiarda, checché tu ne dica.” 
Lui l'afferrò per un braccio e, senza preavviso alcuno, l'attrasse a sé con forza. 
“Antoine!” incominciò lei col respiro affrettato. Quando la bocca di lui si posò sulla morbida carne del suo collo immacolato, fu colta da un senso di vertigine. “Antoine!” Ma, ignorando le sue suppliche, lui continuò a baciarla con sensuale dolcezza, mentre le sue mani scendevano a esplorare le rotondità dei suoi fianchi. 
 
Chiudendo gli occhi, lei avvertì il profumo del suo dopobarba e la fragranza dolciastra del cognac. Ma sentì anche un altro odore, più acre e penetrante. Sembrava olio. Olio lubrificante, del tipo usato nelle officine. Il suo cervello riprese a funzionare. 
Con un gemito indignato, si scostò da lui con furore. “Non toccarmi!” urlò perdendo il controllo di sé. “Non osare nemmeno sfiorarmi con quelle tue luride mani! Qual è il problema? La tua cara Vivienne non ha saputo soddisfarti stanotte? O stai soltanto mettendo alla prova la tua virilità? Vieni qui, come un matto, e spari a zero su me e David, e poi te ne esci e vai a trascorrere la notte dalla tua amante! Sei un ipocrita, ecco che cosa sei!” 
“Ma che cosa c'entra Vivienne adesso?” sbottò lui ironico. “C'entra, eccome! Sai di olio lubrificante!” 
Antoine scoppiò in una risata spettrale. “Ma a che diavoleria vai a pensare? Credi forse che mi rotoli con lei tra utensili e latte di lubrificante? Svegliati, Danielle! Vivienne non entra mai nell'officina. E' troppo schizzinosa.” 
Lei inarcò un sopracciglio. Suo marito era riuscito a rivoltare la frittata ancora una volta. “Però non neghi di essere stato da lei!” 
“Non ti devo nessuna spiegazione! Va' a letto, Danielle. Incominci a seccarmi.” Soffocando un gemito, lei si precipitò fuori dalla stanza e salì in camera sua. Stava tremando, ma non certo per il freddo. Togliendosi la vestaglia, si adagiò sul letto. Ma aveva perso il sonno. 
Dopo qualche minuto, s'udirono i passi di Antoine lungo il corridoio. Vi fu uno scroscio d'acqua, seguito dal cigolio di una porta. 
Tornò quindi a regnare il silenzio. 
 
Incapace di dormire, Danielle accese la luce e si lasciò sfuggire un sospiro. Antoine l'aveva insultata. Avrebbe dovuto odiarlo, ma la cosa strana era che non ci riusciva. 
Un leggero movimento al fianco del letto attrasse la sua attenzione. Girando il capo, si ritrovò a fissare due occhietti vivaci. Provò un brivido di disgusto. Che cos'era quella bestia? Un topo? Santo cielo, no! 
Scostando le lenzuola, balzò fuori dal letto e si precipitò verso la porta, mentre la bestiolina, allarmata, saettava di qua e di là tra mille squittii. Con un urlo soffocato, Danielle entrò in camera di Antoine e accese la luce. 
Lui si sollevò a sedere. “E adesso che cosa vuoi?” 
“Credo che ci sia un topo in camera mia!” annunciò lei aggrappandosi alla maniglia della porta. 
Con un sospiro, lui si alzò dal letto e indossò l'accappatoio che giaceva sulla spalliera. Senza dire una parola, le passò oltre e andò a ispezionare la stanza. 
Ritornò dopo breve. “Non ho visto nulla, ma farò mettere una trappola domani, tanto per vedere che cosa succede.” 
Sforzandosi di riacquistare il controllo di sé, lei annuì. Aveva freddo. La camicia da notte era troppo leggera. 
“Be', che cosa stai aspettando?” s'informò lui seccato. 
“Niente.” Avanzò d'un passo. “Antoine, lo so che non è né il luogo né il momento, ma volevo dirti che mi dispiace per stasera.” 
“E' acqua passata.” 
Lei si girò verso la porta. “Buonanotte, allora.” “Buonanotte.” Il suo tono era perentorio. 
Danielle lo guardò di sottecchi. “Antoine...” 
 
“Per l'amor del cielo, Danielle, che cosa stai cercando di farmi?” La sua voce, arrochita dal cognac e dal fumo, le procurò un brivido di eccitazione. Soffocando un'imprecazione, Antoine la prese tra le braccia e la fece aderire al proprio corpo. “Se è questo che vuoi, perché non lo dici?” tuonò con durezza. 
Il significato di quelle parole la colpì con la violenza di uno schiaffo. Cercò di divincolarsi, ma era troppo tardi. Lui la sollevò in braccio e l'adagiò sul letto, spegnendo la luce prima di levarsi l'accappatoio. Cedendo al panico, lei lottò come una furia, ma lui sembrava determinato a dimostrarle che indietro non si ritornava. Danielle scoppiò a piangere mentre un dolore lancinante distruggeva le sue ultime illusioni... 
 
Giaceva immobile al centro del grande letto, mentre Antoine, alla sua destra, era immerso nel sonno. Si girò a guardarlo. Lo odiava per ciò che le aveva fatto. Era tutta dolorante, e sapeva per certo che, l'indomani, si sarebbe ritrovata piena di lividi. Ma per una ragione che ancora le sfuggiva non aveva voglia di ritornarsene in camera sua. Non che la sua riluttanza fosse dovuta alla paura del topo. In realtà, sebbene stentasse ad ammetterlo, era decisa a sperimentare l'appagamento cui aveva accennato Marie parlando di sesso. Chissà, forse sarebbe venuto  anche quello, dopo il dolore. "I piaceri del matrimonio"!, pensò con amarezza. Non riusciva a credere che una donna potesse davvero godere nel farsi malmenare da un uomo la cui unica preoccupazione era di sfogare i suoi bassi istinti! Aspettò dunque il fantomatico appagamento, o quantomeno un senso di benessere ma, poiché non accadde nulla, scivolò in un sonno senza sogni. 
 
Si ridestò alle prime luci dell'alba nell'avvertire le labbra di Antoine sulla guancia. Cercò di scostarsi, ma lui la coprì col proprio corpo e la baciò con passione. Danielle era ancora assonnata, e la bocca di lui suscitò in lei una reazione d'inaspettata intensità. Le sue flebili proteste si trasformarono in rochi gemiti di piacere quando Antoine l'accarezzò con audace intimità, regalandole le emozioni che le aveva negato  qualche ora prima. Senza più pensare al dolore, lei lo attrasse a sé con foga. 
“Danielle!” mormorò lui confuso. “Danielle, è una pazzia!” Ma era una pazzia cui nessuno dei due era disposto a rinunciare. Fecero l'amore con selvaggia tenerezza, come se fosse la prima e ultima volta. 
Danielle si svegliò a metà mattina, col sole già alto nel cielo. Giaceva di sghimbescio sul letto, senza camicia da notte. Girando il capo, si accorse con rincrescimento che Antoine si era già alzato. Al di là del magico torpore che ancora la pervadeva, nulla sembrava provare i tumultuosi avvenimenti di quella notte. 
Si alzò a malincuore e, dopo essersi vestita, scese in cucina, dove trovò Marie intenta a preparare il caffè. 
“Buongiorno, "madame"“ la salutò la ragazza allegra. “Ben svegliata!” Il suo sguardo aveva un che di malizioso. 
"Sto diventando paranoica", si ammonì Danielle. Marie non poteva sapere nulla. “Dov'è mio marito?” 
“E' uscito di casa due ore fa. Si è raccomandato di lasciarla dormire. Ho cercato di non fare rumore, "madame".” 
“Grazie” rispose lei secca. Era delusa all'idea che lui se ne fosse andato senza salutarla. “Non mi sono recata a Lione ieri. Non mi sentivo troppo bene.” 
“Che peccato!” esclamò Marie. “Gradisce una tazza di caffè?” “Volentieri.” Si guardò intorno. “Che cosa hai fatto mentre dormivo?” 
 
“Il signore mi ha raccontato del topo. E così sono salita in camera sua e ho messo una trappola per catturarlo.” Versò il caffè nella tazza. “Ecco fatto. Desidera altro?” Lei scosse il capo, sentendosi sommergere dall'imbarazzo. Dunque Marie sapeva che lei non aveva trascorso la notte in camera sua. Si morse le labbra. Non sapeva che cosa dire. Fintantoché non avesse esaminato con Antoine i nuovi sviluppi del loro rapporto, non se la sentiva di rilasciare dichiarazioni compromettenti. D'altronde, non le andava di fare la figura della vigliacca. Doveva pur dire qualcosa! “Senti, Marie, ho dormito...” 
“Si, lo so” la interruppe l'altra. “"Monsieur" Antoine me l'ha spiegato. Le ha ceduto la sua camera perché lei aveva paura del topo.” 
Danielle esalò un sospiro di sollievo. Quell'ingegnosa bugia l'aveva tratta d'impaccio. “Ho il terrore dei topi!” 
“Stia tranquilla, ho messo la trappola.” Marie sorrise. “Si sente meglio, oggi?” “Meglio?” ripeté lei senza riflettere. “Ah, sì, grazie.” Sorseggiò il caffè. “Sarà meglio che mi sbrighi. Sono le undici passate e non ho ancora pensato al pranzo.” 
“Il signore mi ha detto di dirle che pranzerà fuori.” “Fuori? E perché?” 
“E' andato a Lione, "madame".” 
Lei ci rimase malissimo. Com'era possibile che fosse partito senza nemmeno degnarsi di avvertirla? E poi, proprio quel giorno! “Capisco” mormorò a fatica. “In tal caso me la prenderò con calma.” 
Marie se ne andò all'ora di pranzo, e il pomeriggio si trascinò lento. Danielle cercò di distrarsi con un libro, ma il ricordo di Antoine la ossessionava. Dopo essersi concessa un bagno rilassante, si vesti con cura insolita e si mise a preparare un gustoso soufflé, augurandosi che lui rincasasse presto. 
Ma alle otto non era ancora arrivato. Facendosi forza, mangiucchiò un po' di insalata di pollo nel tentativo di ingannare l'attesa. 
Verso le dieci, quando udì il familiare rumore della station wagon, tirò un sospiro di sollievo. Antoine entrò dalla porta di servizio con calma serafica e, togliendosi il giaccone, lo appese al gancio dietro la porta. “Scusa se ho fatto tardi, Danielle. Ma sono stato trattenuto. Fran‡ois Dupon ha insistito affinché restassi a cena da lui. Mi auguro che tu non abbia preparato qualcosa di speciale.” 
Danielle, che si era precipitata ad accendere il forno per riscaldare il soufflé, lo spense di scatto. “No, niente di speciale” replicò delusa. 
Lui la fissò stupito. “Te l'ha detto Marie che andavo a Lione?” 
“Sì, certo.” Evitò di guardarlo. Coi capelli ancora scompigliati dal vento, Antoine era più attraente che mai. Ma era cosi indifferente! Stentava quasi a credere che fosse lo stesso uomo che, a notte fonda, l'aveva gettata sul letto con sensuale violenza e che, alle prime luci dell'alba, l'aveva amata con tanta dolcezza. 
Antoine tese le mani verso il fuoco. “Com'è andata oggi?” s'informò in tono neutro. “Bene. Non è successo nulla.” 
“Hai avuto visite?” 
Lei si indispettì. “Che cosa vorresti dire?” 
“Niente. Mi chiedevo soltanto se non era passato Don Charles. Ieri, quando l'ho incontrato al villaggio, mi ha detto che sarebbe venuto a trovarti.” 
Lei scosse il capo. “Non è venuto.” 
“Sei molto elegante, stasera” notò lui gentile. “Ti dona quel colore.” 
Danielle non disse nulla. Stava cercando di valutare il suo umore. Antoine pareva ben disposto quella sera, ma vi era un che di strano nei suoi modi educati. Sembrava quasi che si sforzasse di nascondere, con quell'atteggiamento fatuo, i suoi veri sentimenti. Ma quali sentimenti? Che cosa provava in realtà? 
Scrollando le spalle, lei ripose i piatti non utilizzati nella credenza, mentre lui fumava un sigaro con aria assorta. Era assurdo, pensò stizzita. Dopo quello che era accaduto la notte scorsa, aveva creduto che la situazione sarebbe cambiata. Ma si era illusa un'altra volta. Si era innamorata di lui, ormai ne era certa. Ma Antoine non le aveva mai parlato d'amore, nemmeno nell'intimità. Che cosa sarebbe accaduto? 
Dopo aver riordinato la cucina, andò a sedersi davanti al fuoco, augurandosi che lui le dicesse qualcosa. 
“Danielle, devo parlarti.” 
“Sì?” Rimase in attesa, col cuore in gola. 
“Già.” Antoine emise un sospiro. “Danielle, quando tuo padre ha fatto testamento e ha insistito affinché ci sposassimo, non si è pronunciato sul modo in cui avremmo dovuto vivere.” Fece una pausa. “Vedi, all'inizio, ci è sembrato ragionevole dividere questa casa e comportarci come una coppia qualsiasi, sia pure a livello formale.” “Si” sussurrò lei trattenendo il fiato. 
“Questo, all'inizio” continuò lui a disagio. “Forse era un'idea balorda, ma pensavo che...” S'interruppe di colpo. “Non ha più importanza. Quello che volevo dirti è che non vi è motivo perché tu rimanga in questa casa. Voglio dire, tuo padre non si è espresso in materia. Sei libera di ritornare in Inghilterra e di condurre la vita che più ti aggrada.” 
 
Danielle lo fissò inorridita.  
“Che cosa stai dicendo?” 
“Sono stato un pazzo a sperare che avremmo potuto convivere senza ferirci a vicenda” borbottò lui con aria triste. “Ma io avevo bisogno di una governante e tu di una casa...” 
“E cosi è ancora!” interloquì lei sconvolta. 
“Si, lo so. Ma la situazione è cambiata, non credi?”  
“Ti riferisci alla notte scorsa?” 
“E a che cosa, altrimenti?” esclamò lui amaro.  
“Santo cielo, come sono caduto in basso! Ho sedotto una bambina!” 
“Non sono una bambina!” urlò Danielle. 
“Va bene” ammise lui. “Non sei una bambina. Ma sei comunque troppo giovane. Ti sei fidata di me e io ho tradito la tua fiducia. Potrei dire che non è stata tutta colpa mia, che vi sono limiti alla mia resistenza, ma non vi è scusa che giustifichi il mio comportamento. Mi disprezzo per ciò che ti ho fatto.” 
“La fai sembrare una cosa squallida!” 
“Ma lo è stata!” dichiarò lui gelido. “Pensi forse che ne sia orgoglioso?” Lei scosse il capo. “Sono stata io a provocarti.” 
“Per l'amor del cielo, Danielle!” gridò lui esasperato. “Facciamola finita.” Non vi era più traccia di tolleranza, ora. “Ti avevo pur detto di starmi alla larga! In un'altra occasione, sarei riuscito a controllarmi, ma ieri sera avevo bevuto troppo e ho perso la testa.” 
 
Danielle si portò una mano alla fronte.  
“Ma io volevo fare l'amore con te!” confessò tremante. “Ti desideravo.” 
Lui si irrigidì. “Mi rifiuto di ascoltare queste banalità sentimentali. Il sesso non ha nulla a che vedere con l'amore. E' un mero appagamento dei sensi.” 
 
Lei chiuse gli occhi.  
Com'era possibile che Antoine si esprimesse con tanto impersonale distacco? “Vorrei chiederti un'ultima cosa” gli disse infine. “Ti ho soddisfatto, almeno?” 
 
“Tu che cosa ne pensi?” domandò lui senza sbilanciarsi. “Direi di si.” 
Antoine la fissò per un lungo istante, e un'ombra di tenerezza gli addolcì lo sguardo. Ma fu un attimo. “Quanto denaro ti occorre per affittare e arredare un appartamento?” 
 
Danielle si sentì morire.  
La stava cacciando. Le stava imponendo di andarsene. Ma all'improvviso il suo dolore si tramutò in rabbia. In fondo, quella casa le apparteneva per metà. 
“Non ho intenzione di partire” annunciò quieta. “Che cosa vorresti dire?” 
“Che rimango. Questa è casa mia.” 
“Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Io VOGLIO che tu te ne vada.” “Ma io non voglio andarmene.” 
Lo sguardo di Antoine si indurì. “Posso renderti la vita difficile.” “Correrò questo rischio” fece lei scuotendo il capo. 
“In tal caso me ne andrò io.” 
“Non puoi!” Era disperata. “La tua presenza è necessaria!” Si fermò di colpo. “Per via del vigneto” s'affrettò a giustificare. 
“Ci sono altre case a Clervaux. Andrò a vivere altrove.” “Come puoi essere così crudele?” 
 
Antoine emise un sospiro. “Forse hai ragione. Restare a Clervaux non ha più senso. Incomincio a credere che dovrei andarmene del tutto.” 
“Non puoi farlo. Mio padre...” 
“Già, tuo padre” la interruppe lui amaro.  
“Ci ha cacciati in un bel guaio.” Rimase in silenzio per alcuni secondi. “Va bene, resterò qui. Almeno per ora. Tutto sarà come prima. Ma ti avverto, se la cosa non dovesse funzionare, prenderò le misure del caso.” 
“Quali misure?” 
“Potrei assumere un sovrintendente cui affidare la gestione del vigneto.” “Ma la tenuta è la tua vita. Sei stato tu a portare al successo i nostri vini!” 
 
Antoine abbassò lo sguardo.  
“Sì, la mia vita” mormorò trasognato.  
“Ma quante vite può avere un uomo?” 
Danielle non replicò.  
La crisi era rientrata, almeno per il momento.  
La battaglia l'aveva vinta lei. Ma l'aspettava un duro compito.  
Quello di mantenere in vita un rapporto divenuto ormai fragile come il cristallo.