Ninni Raimondi -  Maggio 2020 - -© Copyright all over the World                             
 
 
 
 
Una sottile nebbiolina grigiastra filtrava tra i rami spogli degli alberi, posandosi lieve sui crisantemi bianchi che adornavano la solitaria tomba. Il clima uggioso sembrava accordarsi con la mestizia di quella semplice cerimonia funebre. Il cimitero, eretto sul fianco della collina, poco al di sopra del villaggio, era spazzato da un vento gelido e insistente. L'autunno era arrivato. E con esso il dolore, pensò Danielle sollevando il bavero del cappotto. 
Fissando la lapide marmorea, fu scossa da un brivido. Com'era possibile che, nell'arco di sole quattro settimane, la sua vita fosse mutata in modo così drastico? 
Un mese prima, sentendosi ormai prossima alla fine, zia Catarine le aveva consegnato una lettera in cui, oltre a fornirle l'indirizzo del padre, la esortava ad andarlo a trovare. Da quando era morta la madre di Danielle cinque anni prima, la zia si era sforzata di mitigare il risentimento che la nipote nutriva nei confronti del padre, Pierre Senneville. Sconvolta dal divorzio dei genitori, la ragazza ne aveva sempre attribuito la colpa a quest'ultimo, senza mai soffermarsi sulle responsabilità della madre che, con il suo ostinato rifiuto di trasferirsi in Francia, aveva in realtà provocato la rottura. 
Danielle aveva esitato a lungo prima di contattare Pierre Senneville. In fondo non lo vedeva dall'età di nove anni, e conservava di lui soltanto un vago ricordo. Ma la triste consapevolezza di essere rimasta, con la morte della zia sola al mondo, l'aveva indotta a scrivere al padre che le aveva risposto con tenera sollecitudine, invitandola a recarsi in quel di Clervaux, nella valle di un affluente del Rodano, dove si estendevano per ettari ed ettari i vigneti Senneville. 
 
Nei giorni successivi, Danielle aveva riflettuto con cura sulla proposta. Sebbene il padre fosse francese, lei si considerava inglese sotto tutti i punti di vista. Certo, conosceva benissimo la lingua paterna, ma solo perché l'aveva studiata a scuola. L'idea di lasciare la cara Inghilterra per trasferirsi in un paese straniero la spaventava oltre ogni dire. 
Si era infine consultata con il legale di famiglia, e soltanto allora si era decisa a partire. Aveva infatti appreso con sgomento che la casa della zia era in affitto, e che i proprietari la reclamavano al più presto. Il poco denaro lasciatole da zia Catarine era bastato appena a coprire le spese del funerale. Con il suo magro salario di aiuto bibliotecaria, Danielle non sarebbe riuscita ad affittare nemmeno un monolocale. Se fosse rimasta in Inghilterra, avrebbe dovuto accontentarsi di una stanza in una pensioncina di terz'ordine, prospettiva quanto mai desolante. 
La voce monocorde del prete la riportò alla realtà. Com'era possibile che il fato si fosse accanito a tal punto contro di lei? Se avesse saputo che il padre sarebbe morto d'infarto quattro giorni dopo il suo arrivo in Francia, sarebbe partita lo stesso? 
Ma erano domande cui non avrebbe saputo trovare risposta. Rivedere suo padre dopo dieci lunghissimi anni era stata un'esperienza dolce e amara al tempo stesso. Se lo ricordava alto, moro e prestante. E si era non poco stupita nel ritrovarlo pallido ed emaciato, con il volto segnato dalla vecchiaia e i capelli incanutiti. D'altronde non era al corrente della malattia che lo stava consumando. 
Pur covando più di un'ombra di rancore nei suoi confronti, aveva apprezzato subito la compagnia del padre, che malgrado il divorzio di otto anni prima, non si era mai risposato. Danielle era la sua unica erede. 
Distogliendo lo sguardo dalla tomba, lei si sorprese a fissare Antoine de Sagreaux, il socio del padre, di cui ignorava l'esistenza fino a quattro giorni prima. 
 
Quando lui le rivolse un'occhiata indecifrabile, lei si affrettò ad abbassare il capo. Le aspre battute che si erano appena scambiati continuavano a ossessionarla. Con un tremendo sforzo di volontà, si costrinse a pensare ad altro. 
Al termine della cerimonia, il prete s'appartò con Antoine de Sagreaux e gli mormorò qualcosa all'orecchio. Danielle non poté fare a meno di chiedersi se stessero parlando di lei. Magro e allampanato com'era, Don Charles sembrava ancor più fragile accanto all'atletico e scattante socio paterno. Sin dall'inizio della loro conoscenza, Danielle aveva provato un'autentica avversione nei confronti di Antoine, dovuta senz'alcun dubbio ai suoi modi rudi e spavaldi. Osservandone il viso spigoloso, si sentì pervadere da un senso d'inquietudine. Quell'uomo di burbera laconicità aveva il potere di intimidirla. No, bello non lo era proprio. E non era nemmeno tanto giovane. Dimostrava all'incirca una cinquantina d'anni. Malgrado l'indubbia prestanza del suo fisico asciutto e muscoloso, e il fascino ambiguo dei suoi occhi verdi, lei lo trovava a dir poco repellente. I capelli biondo scuro, appena spruzzati di grigio, gli conferivano una certa distinzione, ma Danielle continuava a considerarlo alla stregua di un contadino, e ne sopportava a stento la vicinanza. 
Quand'era ancora in vita, Pierre Senneville aveva affidato ad Antoine la gestione del vigneto. E da morto, aveva finito con l'affidargli anche il destino della sua unica figlia. 
Come aveva potuto fare una cosa del genere? Che cosa lo aveva indotto a formulare quel bizzarro testamento? Danielle non ne aveva idea. Sapeva soltanto di essere nei guai. Guai seri. 
Don Charles le mosse incontro con un sorriso benevolo. “Incomincia a far freddo, cara” le disse in francese. “Torniamo a casa.” 
 
Abbozzando un sorriso fiacco, lei si lasciò scortare fuori dal cimitero, mentre il prete le sussurrava alcune parole di conforto. Precedendoli con passo svelto, Antoine de Sagreaux si diresse verso la sua polverosa station wagon blu e si sedette al posto di guida. Danielle salì in macchina senza fiatare. Don Charles prese posto sul sedile anteriore. 
Mettendo in moto con un gesto brusco, Antoine puntò verso casa. Dopo aver lanciato un ultimo sguardo al piccolo cimitero campestre, Danielle appoggiò il viso contro il finestrino della vettura. Che cosa avrebbe fatto adesso? A sconvolgerla era il pensiero delle ultime volontà paterne. Avrebbe voluto ignorarle, ma in cuor suo sapeva di non poterlo assolutamente fare. 
Mentre la macchina correva veloce tra interminabili filari di viti, contemplò muta il paesaggio rurale. Alti pioppi giallastri delimitavano il corso sinuoso del Bajou, là dove un semplice campanile bianco preannunziava il paesino di Clervaux. In prossimità della canonica, Antoine accostò la macchina al marciapiede. 
Aprendo la portiera, il vecchio prete si voltò verso Danielle. “Non essere così affranta, cara” le disse in tono gentile. “Dio vede e provvede. Passerò a trovarti domani. Sii grata per aver trascorso questi pochi giorni in compagnia di tuo padre.” 
“Certamente” riconobbe lei commossa. 
“La pace sia con te, figliola, e con te, Antoine.” Con un segno di croce, Don Charles si allontanò piano. 
Senza dire una parola, Danielle si trasferì sul sedile anteriore. Inarcando un sopracciglio, Antoine ingranò la marcia e ripartì con una sgommata. Al di là dell'abitato, imboccò la ripida stradina di terra battuta che conduceva alla tenuta Senneville, dominata al centro da un vecchio casale di rustica bellezza. 
 
Arrivarono al crepuscolo. L'aia, piena di pozzanghere, era deserta. Le galline si erano da tempo rifugiate nel pollaio. Non una luce filtrava dalle grandi finestre che, simili a occhi, fendevano l'austera facciata. Non un filo di fumo si levava dal vecchio camino di mattoni. Dinanzi a tanta desolazione, Danielle si sentì stringere il cuore. 
Prendendo il coraggio a due mani, scese dall'auto e seguì Antoine dentro casa. La grande cucina era adorna di trecce d'aglio e di cipolle. L'imponente camino annerito ne occupava un'intera parete. Il tavolo di legno rotondo era ingombro di piatti e di avanzi di cibo. Prima di recarsi al cimitero, Antoine aveva consumato un pasto frugale, ma Danielle non era riuscita a ingollare nemmeno un boccone. 
Dopo aver messo il catenaccio, de Sagreaux si voltò verso di lei. “Non pensi che sia giunto il momento di parlare?” le chiese brusco. 
“Non ne vedo lo scopo” ribatté lei altera. 
 
Aggrottando la fronte, lui si liberò dell'impermeabile e della giacca che buttò su una sedia senza tante cerimonie. Arrotolatosi le maniche della camicia, si avvicinò al lavello e riempì d'acqua un pentolino che collocò poi sul fuoco. Le sue braccia, abbronzate dal sole, erano ricoperte da una folta peluria castana. Vi era un che di sfacciato nella sua palese virilità, pensò lei distogliendo lo sguardo. 
Come avrebbe voluto che Clarice, l'anziana governante, fosse ancora in quella casa! Se ne era andata due giorni prima e, ora che suo padre era morto, Danielle temeva che non avrebbe più fatto ritorno. 
Quando l'acqua giunse a ebollizione, Antoine vi rovesciò dentro due cucchiai di tè sfuso che lasciò macerare per alcuni secondi. 
Lei ne seguì i movimenti con un certo interesse. La stupiva non poco il fatto che il suo rude anfitrione amasse il tè. Doveva aver ereditato quell'abitudine da Pierre Senneville, che si era accostato all'aromatica bevanda ai tempi in cui risiedeva in Inghilterra. 
“Che cosa hai intenzione di fare?” domandò Antoine filtrando il tè. Gliene porse una tazza. 
“Lo sa bene, "monsieur” “ribatté lei ostinandosi a dargli del lei. “Gliel'ho spiegato stamane. Non intendo rimanere più del necessario.” 
“Perché no?” 
“"Perché no"?” gli fece eco lei indignata. “"Monsieur", mio padre era francese, il che spiega forse la sua eccentricità. Ma io sono inglese. E mi rifiuto di accettare una proposta che reputo del tutto indecorosa.” 
“Indecorosa? Direi piuttosto saggia, visto che pone fine a tutti i tuoi problemi.” Lei serrò le labbra. “Non sono d'accordo.” 
“Danielle” proruppe lui spazientito, “che cosa intendi fare se ritorni in Inghilterra? So benissimo che non hai denaro.” 
“Ero certa che me l'avrebbe rinfacciato!” 
“Be', la tua improvvisa comparsa al capezzale di un padre che non vedevi da dieci anni mi ha insospettito non poco. Ma non esito ad ammettere che la tua presenza ha rallegrato gli ultimi giorni del mio povero socio.” 
“Troppo gentile da parte sua” osservò lei sarcastica. 
Ignorando quel pungente commento, Antoine proseguì in tono pacato: “Sei giovane, Danielle. Molto giovane. Non ti rendi ancora conto di come sia difficile tirare avanti senza denaro”. 
“Mi arrangerò.” 
 
“Davvero?” sbottò lui dubbioso. “In tal caso spiegami come farai a ritornare in Inghilterra. Da quel poco che mi ha raccontato tuo padre, hai speso i tuoi ultimi risparmi per pagare il viaggio d'andata.” 
 
Danielle avvampò di colpo. “Chiederò un prestito” esclamò battagliera. “A chi?” 
“Ne parlerò con... con Don Charles, ecco!” 
“Don Charles campa di elemosine. Qui da noi i preti non vivono nel lusso. Non possiedono graziose casette con tanto di giardino.” 
“Sembra saperla lunga sull'argomento” replicò lei con aria seccata. 
“Sono stato in Inghilterra. E ho letto molti libri sul clero inglese. Non sono il barbaro che credi tu.” 
Danielle parve imbarazzata. “In qualche modo me la caverò” insistette con voce fioca. Scrollando le spalle, Antoine aprì la credenza e tirò fuori una bottiglia di vino rosso che sturò con destrezza. Ne annusò il tappo per alcuni secondi e, lasciandosi sfuggire un sorriso soddisfatto, versò un po' di vino in un bicchiere trasparente. Dopo averne valutato il colore e la limpidezza controluce, lo assaggiò con espressione intenta, aspirandone il ricco bouquet fruttato. 
Posando il bicchiere, tornò a guardare Danielle. “Vedi, questo vino è invecchiato col tempo. Adesso è amabile e corposo, ma una volta era aspro e amaro, proprio come te.” 
“Mi risparmi le sue similitudini, "monsieur “dichiarò lei in tono acido. “Non sarei dovuta venire qui.” 
“Pensi forse che tuo padre avrebbe agito in modo diverso se non ti avesse vista prima di morire?” 
“Sì, qualcosa del genere;” 
“Ti sbagli. Il testamento risale ad alcuni anni fa.” 
“E lei ne conosceva il contenuto?” Danielle era esterrefatta. Antoine de Sagreaux esitò. “Non alla lettera.” 
“Crede davvero che, se mia zia fosse stata ancora viva e io avessi continuato ad abitare in Inghilterra, papà avrebbe comunque inserito quella clausola assurda?” “Sì. Era quello che voleva.” 
“E lei non ha mai sollevato obiezioni?” “Non ne ho visto il motivo.” 
Danielle si schiarì la voce. “Non posso sposarla, "monsieur” asserì con decisione. “La prego, non parliamone più.” 
“Hai lasciato qualcuno che ti è caro in Inghilterra?” “No.” 
“E allora, perché no? Seguiti a ripetere che non mi puoi sposare, ma me ne taci le ragioni. Dipende forse dal fatto che mi ritieni un opportunista? Quando mi sono messo in affari con tuo padre, non avevo nulla da offrirgli all'infuori della mia forza fisica. Ma ho lavorato duro, bella mia. Mi sono guadagnato ogni ettaro di terra che possiedo.” 
Danielle sospirò. “Il vigneto è per metà suo. Non le basta?” 
“Se rifiuti di accettare la tua parte, l'altra metà finirà nelle mani di Gaston Aubert, il più grande rivale di tuo padre. E' questo che vuoi?” 
“No, certo che no!” protestò lei contrariata. “Ma per entrare in possesso della sua eredità, lei non è tenuto a sposarsi con qualcuno che...” Si fermò con aria imbarazzata. 
 
“... che disprezzo?” completò Antoine con crudezza. “So bene di non esserti simpatico, ma i sentimenti non hanno nulla a che vedere con questa storia. La scelta di tuo padre non è stata dettata da uno sprazzo di romanticismo.” 
“Come sarebbe a dire?” 
“Prova a valutare un attimo la situazione” incominciò lui in tono pratico. “Tuo padre aveva bisogno di me, che ti piaccia o no. Non era forte. Soffriva di cuore da parecchi anni. I dottori gli avevano consigliato di abbandonare l'attività. Ma lui non voleva. Il vigneto era tutta la sua vita. Tua madre non ha mai compreso questa sua passione. Era una donna fredda ed egoista. O almeno così me la figuro io, anche se il caro Pierre era solito parlare di lei con affettuosa rassegnazione. Sentendosi prossimo alla fine, decise di salvare capra e cavoli. Tu eri l'erede legittima, e io il suo uomo di fiducia. Come accontentare tutti e due e al contempo se stesso? Non era un problema di facile soluzione. Non poteva affidare il suo prezioso vigneto a una ragazzina che, non sapendo distinguere un pampino da un grappolo, avrebbe finito col vendere tutto agli Aubert. D'altro canto, non se la sentiva di lasciare a me l'intera tenuta perché non ero carne della sua carne. Ricorse così alla soluzione del matrimonio d'interesse.” 
“Se, con questo suo sfoggio di retorica, crede di avermi fatto cambiare idea, si sbaglia di grosso” puntualizzò lei. “Me ne andrò comunque. So di crearle dei problemi e me ne dispiace, mi creda.” 
“Dubito che una persona meschina come te sia davvero capace di dispiacersi!” l'accusò lui duro. “Come puoi permettere che l'opera di tuo padre vada distrutta?” “Senta, non l'ho chiesto io di ereditare una parte del vigneto!” 
“Se non ti interessava la tenuta, perché sei venuta qui, allora?” 
“Volevo rivedere mio padre” si giustificò Danielle. “E comunque, il testamento era già stato stilato, me l'ha detto lei stesso. Non sarebbe cambiato nulla anche se fossi rimasta in Inghilterra. Perché papà non mi ha lasciato metà vigneto senza impormi quella condizione?” 
“Che cosa ne avresti fatto?” 
Lei alzò le spalle. “Non lo so.” 
“Vuoi che te lo dica io?” gridò Antoine furente. “Lo avresti venduto, ecco! Tuo padre non si fidava di te. Ne sono convinto. Tale madre, tale figlia.” 
“Non si azzardi a insultare mia madre!” 
“Non vedo perché non dovrei. Trattò tuo padre come una pezza da piedi.” Danielle ebbe uno scatto d'ira. “Non è vero!” 
“Me l'ha detto Pierre in persona. Rischiò di morire prima di ritornare in Francia.” Lei lo fissò incredula. “Che cosa sta dicendo?” 
“La verità. Tuo padre incominciò a soffrire di cuore due anni prima di lasciare l'Inghilterra. E il clima non gli giovò di certo. Estati umide, inverni freddi. La sua salute peggiorò in maniera drammatica. Supplicò tua madre di seguirlo in Francia, ma lei rifiutò.” 
“Non le credo.” Non poteva credergli. Non era possibile che la madre si fosse rifiutata di assecondare i desideri di un uomo malato. 
“Chiedine conferma al medico di tuo padre, se vuoi.” 
Danielle si portò una mano alla fronte. Non sapeva più che cosa pensare. Conservava un ottimo ricordo della madre. D'altro canto, le sembrava assurdo che Antoine de Sagreaux le raccontasse una frottola, con il rischio di farsi sbugiardare dal medico di famiglia. 
Emise un sospiro. “Non lo sapevo.” 
 
“Non ne dubito” rispose lui. Ma non vi era traccia di comprensione nella sua voce. “Com'è possibile che mia madre abbia fatto una cosa del genere?” 
“Me lo sono chiesto più volte anch'io.” 
Lei si passò una mano tra i capelli. “Ho bisogno di tempo per riflettere.” 
Antoine si avviò verso la porta. “In tal caso, ti lascio sola” commentò con un sorriso ironico. 
“Che cosa intende lei per matrimonio d'interesse?” 
“Non mi piacciono le mocciose, se è questo che ti preoccupa.” “Non sono una mocciosa!” 
“Non in senso anagrafico, forse” ammise lui. “Ma quanto a esperienza...” Lasciò la frase in sospeso. 
“E lei ne ha di esperienza, "monsieur"?” esclamò Danielle senza riflettere. 
Antoine parve sconcertato. “Be', quanta ne può avere un uomo che ha già avuto una moglie.” 
Lei ebbe un sussulto. “È sposato?” 
“Lo ero” la corresse lui sbrigativo. “Mia moglie è morta dieci anni fa.” 
“Dieci anni fa?” ripeté lei inebetita. Santo cielo, ma a quell'epoca lei aveva solo nove anni! 
“Ho cinquant'anni, Danielle. Con un po' di fortuna, potresti rimanere vedova prima di raggiungere la mia età.” 
“Non deve parlare così!” scattò lei con violenza. 
“Ma non e detto che muoia giovane” la beffeggiò lui. “Potrei campare altri trent'anni. O forse anche qualcosa di più. Chi può mai saperlo? Mi dispiace. Le regole non le ho dettate io, ma tuo padre.”