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Marie si rimise in fretta, tant'è che ritornò a lavorare il mattino seguente. “Oh, "madame"“ esclamò mentre si toglieva il cappotto. “Non sapevo che "Monsieur" Howard fosse un suo amico! Non è meraviglioso?” 
Danielle la fissò con stupore. “Il signor Howard, amico mio? Di che cosa stai parlando?” Marie rimase interdetta. “Non deve fingere con me, "madame". Non dirò nulla, se non vuole. Ma non può negare che è una strana coincidenza!” 
“Non è affatto una coincidenza” tagliò corto lei infuriandosi. “Il signor Howard non è amico mio. Lo conosco appena! L'ho incontrato ieri per la prima volta.” 
“Ma il fatto è che la signora Caron ha detto a mia madre che...” 
“... che stavo parlando con il signor Howard nel suo negozio. E' così?” completò Danielle seccata. 
“Sì, "madame".” 
“Capisco” fece lei sospirando. “Avrei dovuto immaginare che quell'innocua conversazione non sarebbe passata inosservata! Santo cielo, e abbiamo solo scambiato due chiacchiere, come fanno due conterranei che si incontrano in un paese straniero. Dimentichi forse le mie origini inglesi?” 
“Ma lei è per metà francese. Ed è la moglie di "monsieur" de Sagreaux.” 
"Come se potessi dimenticarlo", pensò lei con una smorfia. “Lo so, Marie. Ma vivevo in Inghilterra prima di stabilirmi qui, e David è inglese e...” S'interruppe di colpo. “Perché mi stai guardando in quel modo?” Avanzò di un passo ma qualcosa, forse l'istinto, la indusse a girarsi. Antoine era in piedi davanti alla porta. Si era vestito di tutto punto e, sebbene fosse ancora pallido, aveva un'espressione vigile e intenta. “Da quant'è che sei lì?” lo interrogò lei imbarazzata. “Dovresti essere a letto! Non ti sei ancora rimesso.” 
“Sono stufo di recitare la parte del malato” sbottò lui con voce glaciale. Si voltò a guardare Marie. “Be', che cosa fai lì impalata? Hai finito di spettegolare?” 
“Vado, "monsieur"“ mormorò la servetta innervosita. “Scusi tanto.” Abbozzando un inchino, uscì a precipizio dalla cucina. 
Antoine chiuse la porta con un tonfo. “Chi è David Howard?” domandò brusco. 
Lei deglutì a fatica. “Dovevi proprio usare quel tono così aspro con Marie?” ribatté senza rispondere alla domanda. 
“Sì” fece lui deciso. “Allora, chi è David Howard?” 
Danielle sospirò. “E' il nuovo insegnante di lingua inglese.” “Davvero? Ed è un tuo amico?” 
“No, lo conosco appena.” “Eppure sai come si chiama.” 
“Ma certo che lo so! Si è presentato!” 
“Dove l'hai incontrato?” la interrogò lui senza guardarla. 
“Giù in paese, al negozio” spiegò lei senza alcuna reticenza. “Ero scesa a fare alcune compere.” 
“Mentre mi trovavo in compagnia di Don Charles?” insistette lui serrando le labbra. “Sì.” 
“Ma allora sapevi che l'avresti incontrato!” 
“No!” replicò lei allarmata. “Come avrei potuto? Non lo conoscevo prima di ieri!” “Però poco fa l'hai chiamato per nome! Ti ho sentito.” 
“Non vedo che cosa ci sia di male. In fondo ha la mia età! L'ha avuta lui l'idea di darci del tu. Quando mi ha chiesto come mi chiamavo, gliel'ho detto, ecco tutto. Gli ho anche detto che sono sposata. Soddisfatto, adesso?” 
Antoine si diresse verso la finestra e guardò fuori. “Non ti facevo così indiscreta.” “Indiscreta?” 
Lui aggrottò la fronte. “Prima ti confidi con una stupida servetta, e ora ti metti a dar spettacolo nello spaccio del paese, dando adito a fastidiose illazioni. Ti sei compromessa, te ne rendi conto?” 
“E' ridicolo!” sussurrò lei prossima alle lacrime. “Stai esagerando.” “Direi proprio di no. Hai pur sentito quel che diceva Marie.” 
“E tu hai origliato!” lo accusò lei in tono amaro. “Vergognati!” 
“Vergognarmi, io?” le fece eco lui con livore. “Potrei dirti la stessa cosa, e a ragione. Non avresti dovuto comportarti con tanta leggerezza” osservò poi con un certo disprezzo. 
“Come puoi dire una cosa del genere?” sbottò lei umiliata. “Proprio tu!” Antoine si girò di scatto. “Che cosa vorresti dire?” 
“So benissimo che hai una relazione extraconiugale. Vivienne non ne ha fatto mistero.” 
 
“Non immischiarti in cose che non ti riguardano. Potrebbe costarti caro.” 
“E allora smettila di insultarmi!” Coprendosi il viso con le mani, Danielle scoppiò in un pianto dirotto. 
Ma quanto accadde in seguito fu del tutto imprevedibile. Soffocando un'imprecazione, Antoine le si avvicinò con slancio e l'attrasse a sé. Lei si lasciò cullare come una bambina e gli appoggiò il viso contro la spalla. Ma all'improvviso lui la scostò da sé. 
“L'argomento è chiuso” annunciò in tono burbero. “Ti consiglio però in futuro di comportarti con maggior prudenza.” 
Danielle si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Avrebbe voluto rifugiarsi in camera sua e ricomporsi prima che Marie la vedesse in quello stato. Ma notando le goccioline di sudore che imperlavano la fronte di Antoine, si sentì pervadere dall'inquietudine. 
“Ma tu hai ancora la febbre!” esclamò preoccupata. “Perché ti sei alzato? Perché ti sei vestito?” 
“Danielle, ho un mucchio di cose da fare. Devo vedermi con Roll Condé.” “Non puoi rimandare l'appuntamento?” 
“No, ho bisogno di parlargli oggi stesso.” 
“Potresti invitarlo qui. Se vuoi, mando Marie ad avvertirlo” suggerì lei premurosa. “Lascia perdere, preferisco andare di persona. C'è in ballo una grossa fornitura di vino” brontolò lui infilandosi il giaccone. “Non starò via a lungo.” 
“Antoine, non puoi uscire!” insistette lei affranta. “Guarda, sta incominciando a piovere. Prenderai freddo!” 
Antoine assunse un'espressione incerta. 
Approfittando di quell'attimo di indecisione, lei gli posò una mano sul braccio. “Invita Chauvin a pranzo, è meglio.” 
Lui inarcò un sopracciglio. “Meglio un corno! Andrò in paese, che tu lo voglia o no.” “Mi farai stare in pena” sussurrò Danielle mesta. Era la sua ultima carta. 
“Dici sul serio?” 
“Be', tengo molto alla tua salute” tergiversò lei mantenendosi sul vago. “Potresti avere una ricaduta.” 
Con una scrollata di spalle, lui si avviò verso la porta. “Dove stai andando?” gli urlò dietro lei. 
“Da Chauvin” ribatté lui laconico. “Prepara un po' di caffè.” Aprì la porta. “Sarò di ritorno tra un quarto d'ora.” 
“Ma non puoi uscire!” 
“Eccome se posso” rise lui. La porta si richiuse con un tonfo. 
Passò circa un'ora prima che Antoine rincasasse, e Danielle era fuori di sé dall'angoscia, perché temeva che avesse avuto un malore lungo la via. Era sul punto di andarlo a cercare, quando la station wagon varcò il cancello d'ingresso e si arrestò nel cortile. Pochi secondi dopo, Antoine entrò in cucina con i capelli bagnati di pioggia e il giaccone fradicio. 
“Dove sei stato per tutto questo tempo?” lo aggredì lei senza notare il suo colorito cereo. Era troppo arrabbiata. 
Levandosi la giacca, lui la fissò per alcuni istanti. “Lo sai benissimo. Sono stato da Roll Condé.” 
“Mi avevi detto che ti saresti trattenuto per un quarto d'ora soltanto!” gli rinfacciò Danielle corrugando la fronte. 
 
“E invece ci ho messo più tempo. E con questo?” replicò lui, lasciandosi cadere sulla sedia a dondolo accanto al camino. Si prese la testa tra le mani. 
Quel gesto tradiva una sofferta vulnerabilità. Antoine stava male, era evidente. L'ira di Danielle svanì come neve al sole. Avanzò di un passo e gli posò una mano sulla spalla. “Mi dispiace” mormorò in preda ai sensi di colpa. “Non avrei dovuto alzare la voce. Ma ero preoccupata per te.” 
Lui alzò lo sguardo. “Be', se ti fa piacere, sto da cani.” 
“No, non mi fa piacere” protestò lei con inaspettata energia. “Che sintomi hai?” “Nausea, vertigini, brividi. Chi più ne ha, più ne metta!” annunciò lui sconfitto. Danielle ritrasse la mano ed emise un sospiro. “Che cosa intendi fare ora?” 
Antoine appoggiò il capo contro lo schienale della sedia. “Ritornerò a letto” rispose con aria rassegnata. “Che prospettiva barbosa!” 
Dopo quell'incidente, Danielle si ritrovò a dover gestire un paziente assai più arrendevole. Antoine continuava a detestare la sua immobilità forzata, ma non era più così intrattabile come nei primi tempi. Accettava le sue cure di buon grado, e l'accoglieva con calore quando lei entrava in camera sua. Danielle aveva preso l'abitudine di pranzare con lui. Marie gongolava di gioia all'idea che i suoi padroni filassero d'amore e d'accordo. Desiderosa di evitare inutili equivoci, Danielle si sentì in dovere di dirle che non era cambiato nulla. 
“"Madame", non riesce a ingannarmi, sa?” obiettò Marie con gli occhi che le brillavano. “Ho notato il modo con cui guarda il signor Antoine. Per non parlare delle premure di cui lo circonda! I suoi gesti sembrano tradire una rinnovata dolcezza. O il desiderio che lui si accorga di lei.” 
“Non ho mai sentito tante sciocchezze in vita mia!” tuonò Danielle accalorandosi. “Mio marito ha bisogno di cure costanti, ecco tutto. Ed è mio dovere facilitare la sua completa guarigione.” 
Marie non parve convinta. “Perché negarlo, "madame"?” domandò torcendosi le mani. “Ci sono molte donne, giù al villaggio, che vorrebbero essere al posto suo. Non vedo proprio perché dovrebbe vergognarsi di provare una certa attrazione nei confronti di "monsieur" Antoine. Un uomo come lui sa bene come soddisfare una donna!” 
 
Lei avvampò di colpo.  
“Marie, ti avverto, stai passando il segno” dichiarò risoluta.  
“Ho l'impressione che tu stia confondendo l'amore con il desiderio.” 
La ragazza emise un candido risolino. “Senza il desiderio, che cos'è l'amore? Una donna appagata è una donna felice!” 
“Fila a sbrigare le faccende!” esclamò Danielle al colmo della frustrazione. “Sì, "madame".” 
Mentre Marie si dileguava nel corridoio, Danielle si chiese se non avesse sbagliato a trattarla con tanta familiarità. Dubitava che una donna come Vivienne Couvrier avrebbe permesso alla servitù di prendersi simili libertà. Vivienne. Com'è che le era venuta in mente? Aggrottando la fronte, si mise a riflettere. Non le ci volle molto a capire il motivo di quell'associazione. Marie le aveva detto che, giù al villaggio, molte donne avrebbero accettato di prendere il suo posto. La Couvrier rientrava di certo in quella categoria. Danielle non aveva dubbi in proposito. 
Agli inizi del nuovo anno, Antoine fu in grado di alzarsi e di ricominciare a lavorare, sia pure dentro casa. Roll Condé divenne un ospite abituale, e Danielle non tardò a trovarlo simpatico. I suoi complimenti fantasiosi la divertivano in sommo grado. 
In capo a una settimana, Antoine riacquistò la salute e riprese a uscire. Ma, pur mantenendo un atteggiamento cordiale nei confronti di Danielle, non era più così disponibile come ai tempi della malattia. E lei ne soffriva. Rimpiangeva le loro lunghe conversazioni a tavola che ora costituivano un'autentica rarità, dato che lui si alzava subito dopo mangiato. 
Il ritorno alla normalità ebbe il triste effetto di infrangere quel vincolo di cauta intimità che si era instaurato tra di loro. Quando lui ricominciò a uscire la sera, Danielle provò una fitta di delusione. 
Nel tentativo di dissimulare i propri sentimenti, divenne con il tempo fredda e distante. Lui si adeguò al suo atteggiamento, con il risultato che il loro rapporto subì una battuta d'arresto. 
 
Verso la fine di gennaio, Danielle si recò al villaggio con l'intenzione di fare provviste. Stava sospingendo la porta dello spaccio quando vide la station wagon di Antoine parcheggiata davanti a un distributore di benzina, con officina annessa. Il suo sguardo si posò sull'insegna al neon: "Poste d'Essence, G. Couvrier, Propriétaire". Fu scossa da un brivido. Il suo disagio fu accresciuto dall'improvvisa comparsa di Vivienne Couvrier sulla soglia del minuscolo ufficio. Antoine, al suo fianco, stava parlando con una certa animazione. 
Danielle si morse le labbra. L'ultima cosa che desiderava era di essere colta mentre osservava i movimenti di Antoine. Qualcuno, vedendola, avrebbe trovato strano che non si fermasse a salutare il marito. Ma, accantonando quella considerazione, lei si affrettò a entrare nel negozio e a concentrare la propria attenzione sullo scaffale dei biscotti. La signora Caron, per fortuna, si trovava nel retrobottega e, quando ne riemerse, non prestò attenzione alcuna a ciò che stava accadendo in strada. 
Mentre s'incamminava verso casa, Danielle ebbe un moto di stizza al pensiero che Antoine avesse la faccia tosta di ostentare davanti a tutti la sua relazione con la Couvrier. Come poteva umiliarla in quel modo, dopo averle rinfacciato un innocuo scambio di battute con David Howard? Si chiese per un attimo come se la stesse cavando l'inglese. Si era ripromessa di domandare ad Antoine se poteva invitarlo una sera a cena, ma non si era mai presentata l'occasione giusta per una simile richiesta. In quel momento, se avesse incontrato David per la strada, sarebbe stata capacissima di invitarlo senza consultarsi con il marito. E al diavolo le conseguenze! 
Aveva deciso di preparare per cena il pollo al curry, da servire con il riso. Ma era così arrabbiata con Antoine da arrivare a sostituire l'esotico menu con una banale frittata alle erbe. 
Se si aspettava che Antoine criticasse quel pasto frugale, rimase delusa. Lui arrivò a casa al solito orario, poco dopo le cinque, e si chiuse nello studio fino alle sette, quando salì in camera a lavarsi e a cambiarsi in vista della cena. Durante la cena rimase in silenzio, e lei faticò non poco a tenere a freno la lingua. 
 
Al termine del pasto, Danielle era davvero furente, tant'è che gli servì il caffè con malagrazia, facendo tintinnare la tazza contro il piattino. La teatralità del gesto ebbe l'effetto di meravigliare Antoine che si affrettò a chiedere: “C'è qualcosa che non va?”. Lei radunò le stoviglie con un frastuono d'inferno. “E perché mai dovrebbe esserci?” replicò in tono agrodolce. Aprì il rubinetto al massimo. 
“Mi sembri nervosa” commentò lui scrutandola con attenzione. “La cena era deliziosa. Volevi forse sentirtelo dire?” 
“Deliziosa?” scoppiò Danielle umiliata. “Io l'ho trovata schifosa. Avevo deciso di preparare il pollo al curry ma, dopo che sono andata al villaggio oggi pomeriggio, ho capito che non ne valeva la pena. Era fatica sprecata!” 
 
“Non sono esigente in materia di gastronomia” osservò lui in tono leggero. Prese un fiammifero e si accese uno dei suoi lunghi sigari. “Non c'è bisogno che ti affatichi sui fornelli. Amo le cose semplici. E l'omelette di stasera mi è piaciuta moltissimo.” 
“Ma come ne sono felice!” proferì lei in tono sarcastico. 
 
Antoine sbuffò.  
“Danielle, se hai qualcosa da dire, vuota il sacco e falla finita. Queste schermaglie mi sembrano piuttosto infantili.” 
“Oh, davvero?” lo provocò lei sentendosi ferita. “Povero caro, come sei sfortunato! Hai sposato una bambina, e ora te la devi sopportare. Una noiosa bambina capricciosa che tu cerchi di evitare in ogni occasione!” 
 
Inalando una boccata di fumo, lui fece una smorfia.  
“Credi forse che non ti abbia visto oggi pomeriggio?” domandò in tono secco.  
“Be', ti sbagli. Ti ho visto eccome mentre sgattaiolavi dentro il negozio della Caron come un coniglio spaventato.” 
 
Danielle sbiancò in volto.  
“Mi... mi hai visto?” balbettò a disagio.  
“Certo.” 
“Ma ti sei ben guardato dall'avvertire la tua amichetta!” gridò lei inferocita. 
“E che cosa volevi mai che le dicessi?  
"Oh, guarda, Vivienne, c'è mia moglie che fa finta di non vedermi".  
Be', sarebbe stato a dir poco imbarazzante, non trovi?” 
 
Danielle inarcò un sopracciglio.  
Quel commento l'aveva spiazzata.  
Non le restava che passare all'attacco, nel tentativo di salvare qualche brandello di dignità.  
 
“In realtà non ti aspettavi di vedermi, confessalo!” borbottò con livore.  
“Devo raggiungerlo a piedi, il villaggio, se mi occorre qualcosa. Non ti sei mai offerto di scarrozzarmi in giro come fai con la Couvrier!” 
Antoine soffocò una risata.  
“Sei gelosa. Se Vivienne lo sapesse, farebbe salti di gioia.” 
Lei emise un suono inarticolato. “Non sono gelosa!” negò con decisione.  
“E guai a te se vai a dirle una cosa del genere!” 
 
“E allora smettila di comportarti come se ti appartenessi” la minacciò lui in tono cupo. 
Danielle si girò verso il lavello.  
“"Va' all'inferno"!” mormorò tra sé e sé.  
 
Ma era quasi certa che lui l'avesse sentita.