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Danielle e Antoine de Sagreaux si sposarono tre settimane dopo nella piccola chiesetta di Clervaux. Il rito, semplice e impersonale, fu celebrato all'imbrunire da Don Charles in persona. 
Nei giorni che avevano preceduto il matrimonio Danielle si era sforzata, con esiti alterni, di accettare la situazione e di migliorare i rapporti col suo futuro marito. 
 
L'inverno era ormai nell'aria.  
Gli echi gioiosi della vendemmia si erano spenti insieme ai fulgidi colori dell'autunno, e il raccolto dell'anno era in corso di lavorazione. L'iniziale pigiatura delle uve era stata completata con successo, e il mosto era stato travasato nei tini in vista della fermentazione. Antoine trascorreva molto tempo a casa, con grande disagio per Danielle che non riusciva a rilassarsi in sua presenza. 
 
In un insolito sprazzo di buonumore, lui le aveva mostrato le ampie cantine di pietra dove erano poste le botti a invecchiare, e si era dilungato a spiegarle l'intero processo di vinificazione. 
 
Il vigneto Senneville provvedeva all'imbottigliamento del proprio vino. Colpito dall'interessamento di Danielle, Antoine l'aveva scortata nel piccolo impianto in cui le bottiglie, una volta colmate di vino, venivano turate e quindi capovolte su apposite rastrelliere, di modo che le impurità andassero a depositarsi sul tappo. I sugheri venivano in seguito sostituiti con cura. Per produrre un buon vino rosso, occorreva lasciare nel mosto un certo quantitativo di polpa d'uva schiacciata durante gli stadi iniziali della fermentazione. Il sedimento veniva rimosso in un secondo tempo, onde garantire al prodotto finito un'assoluta limpidezza. 
Oltre a esplorare la tenuta in compagnia di Antoine, Danielle aveva incominciato a impratichirsi nei lavori di casa. Ma se le giornate trascorrevano abbastanza in fretta, le notti si trascinavano pigre, al punto da sembrarle eterne. Il pensiero che di lì a poco si sarebbe sposata con un emerito sconosciuto le impediva di prendere sonno. Si rigirava nel letto per ore, chiedendosi che cosa ne sarebbe stato di lei. Antoine avrebbe mantenuto la parola? Avrebbe rispettato la sua privacy? Il loro rapporto sarebbe stato davvero platonico? Domande, domande, e mai nessuna risposta. 
L'angoscia di quelle settimane era stata alleviata dalla compagnia di Marie, la ragazza che Antoine aveva assunto per i lavori pesanti. Carina e spigliata, la giovane paesana non aveva tardato ad affezionarsi a Danielle, di cui comprendeva ansie e perplessità, anche se per i motivi sbagliati. 
Agli occhi di Marie, era tutto semplicissimo. Antoine de Sagreaux era un uomo vissuto, di quelli che facevano girare la testa a tutte le donne del paese, mentre Danielle era poco più di una ragazzina. Era normale che paventasse la prima notte di nozze, o che temesse la propria inadeguatezza amatoria alla luce della consumata esperienza del futuro marito. Ma non vi era nulla di cui preoccuparsi! "Monsieur" l'avrebbe senz'altro iniziata ai piaceri del matrimonio. 
Danielle si era astenuta dal rivelarle che i suoi dubbi scaturivano da ben altri motivi. Ma il ragionamento di Marie aveva comunque colpito nel segno. Quell'accenno alla sua innocenza aveva un che di veritiero. La sua conoscenza del sesso opposto si limitava a qualche furtivo abbraccio durante una festicciola tra amici. Non aveva mai avuto un accompagnatore fisso, e si era sempre reputata una ragazza un po' all'antica. 
In ogni caso, Marie era ben lungi dalla verità. L'aspetto erotico del suo matrimonio con Antoine era qualcosa che Danielle si augurava di non dover mai sperimentare. 
 
Al termine della cerimonia nuziale, Danielle e Antoine ritornarono a casa in compagnia del prete. 
Giunti a destinazione, lei si precipitò al piano di sopra. Non vedeva l'ora di togliersi il vestito da sposa che la sorella di Marie aveva voluto prestarle a tutti i costi. Il gesto, per quanto gentile, non aveva incontrato il favore della novella sposina, perché l'abito, ingiallito dal tempo e dall'usura, era stato disegnato per curve ben più voluttuose delle sue, col risultato che le pendeva da tutte le parti. 
Accanto ad Antoine, elegantissimo nel completo blu notte, Danielle si era sentita morire dalla vergogna. 
Rifugiatasi in camera sua, si liberò dell'odiato vestito e si guardò intorno alla ricerca dei jeans. Era 
certa di averli lasciati sulla sedia, ma non c'erano più. Aprì in fretta l'armadio e, con suo grande stupore, lo trovò vuoto. 
Dove diavolo erano finiti i suoi abiti? Possibile che li avesse presi Marie? Per farne che cosa, poi? 
 
Colta da un orribile presentimento, Danielle spalancò la porta e si diresse verso la camera di Antoine. Sapendolo dabbasso in compagnia del prete, entrò senza esitazioni, certa che lui non l'avrebbe sorpresa a frugare nella sua stanza. Con fredda determinazione aprì un cassetto del comò e si ritrovò a fissare una pila di mutandine. Le SUE mutandine! 
La scoperta la colpì con la violenza di uno schiaffo. Marie doveva aver spostato le sue cose mentre erano in chiesa. Ma chi l'aveva autorizzata a fare una cosa del genere? Lei, no di certo! 
“Si può sapere che cosa fai qui?” 
All'udire la voce seccata di Antoine, Danielle si girò di scatto. Ripetendosi che la miglior difesa era l'attacco, avanzò con aria bellicosa. “"Monsieur", attendo spiegazioni” annunciò puntigliosa, ostinandosi come sempre a dargli del lei. “Perché ha dato l'ordine di spostare i miei abiti in camera sua?” 
Lui fissò il cassetto aperto. “Dev'essere stata Marie” commentò in tono placido. “Fin lì ci arrivo anch'io” brontolò lei. “Ma chi le ha detto di farlo?” 
“Non io, se è questo che vuoi sapere.” 
Voltandosi verso l'armadio, Danielle scorse la propria immagine riflessa nello specchio. Si rese conto soltanto allora della propria disdicevole tenuta. Santo cielo, era in maglietta e mutandine! Incrociando le braccia sul petto, avvampò sino alla radice dei capelli. “Voglio i miei jeans. E un maglione” affermò senza guardarlo. “Prenditeli.” Togliendosi la giacca, Antoine si sedette sul letto. 
“Se mi può lasciare sola un momento...” Si interruppe con aria imbarazzata. 
Lui parve divertito. “Per amor del cielo, Danielle, smettila di fare la bambina. Siamo sposati, ricordi? O te lo sei già dimenticato?” 
“E come potrei?” mormorò lei amara. “Ma il nostro doveva essere un matrimonio d'interesse!” 
“E lo sarà” puntualizzò Antoine fissandola con malcelato disprezzo. “Che cosa pretendi che faccia? Questa è camera mia! Ho tutti i diritti di restare qui. Anche se una stupida cameriera si è presa la libertà di trasferire qui il tuo guardaroba, la situazione rimane invariata. Avrà di certo creduto di farti un piacere! Veditela un po' con lei, ma lasciami fuori da questa faccenda.” 
 
Danielle si morse le labbra. “Come faccio a cambiarmi in queste condizioni?” 
“Oh, è semplicissimo” la beffeggiò lui. “Di solito la gente si spoglia, prende un altro abito e se lo infila, ecco tutto.” Un'espressione maliziosa gli si dipinse sul viso. “Adesso ti mostro come si fa” aggiunse togliendosi la giacca. 
“Non si azzardi a farlo!” 
“Perché no?” fece lui con aria innocente, slacciandosi la cintura dei pantaloni. “Non hai mai visto un uomo nudo?” 
“Certo che no!” rispose lei voltandosi di spalle. 
Antoine soffocò un'imprecazione. “Va bene, ho colto il messaggio” dichiarò avviandosi verso la porta. “Ti concedo cinque minuti, intesi? Aspetterò qui fuori.” 
Lei annuì con aria depressa. Una volta sola, spalancò le ante dell'armadio e si lasciò sfuggire un sospiro. I suoi abiti pendevano accanto a quelli di Antoine. Scuotendo il capo, afferrò i jeans e una camicetta a scacchi. Aveva appena terminato di vestirsi quando lui ritornò nella stanza. 
“Sposterò le mie cose più tardi” annunciò lei innervosita. 
Lui scrollò le spalle. “Come preferisci” osservò in tono piatto, sbottonandosi la camicia. 
 
Uscendo a precipizio, Danielle richiuse la porta dietro di sé. Dopo aver riguadagnato la sua camera, si spazzolò i capelli fino a farli brillare e li annodò con un nastro di velluto blu. Si rimirò allo specchio con una smorfia. Una ben misera tenuta, per una novella sposina, pensò lasciando errare lo sguardo sui jeans sbiaditi e sulla camicia di flanella. Ma, a sua insaputa, la semplicità di quel look sportivo accentuava il suo fascino acerbo. 
Con un sospiro amaro, si sedette alla toletta e si passò un'ombra di rossetto sulle labbra. Rimase a contemplarsi con aria assente. "Danielle de Sagreaux", pensò sconsolata. "Sono la signora de Sagreaux". Moglie di Antoine de Sagreaux, un uomo che conosceva da poco più di un mese. Un uomo di cui non sapeva nulla. 
Facendosi forza, scese in cucina, dove Don Charles sedeva davanti al fuoco con un bicchiere di vino in mano. 
Udendo i suoi passi, il vecchio si girò con un sorriso bonario. “Non mi tratterrò a lungo, figliola. Gli sposi vanno lasciati soli.” 
“Ma resterà a cena, vero?” domandò Danielle speranzosa. Non aveva alcun desiderio di rimanere sola con Antoine. 
Il prete scosse la testa. “No, si è fatto tardi. Il tempo di un brindisi e mi rimetterò in cammino.” 
Lasciandosi cadere su una sedia, lei si sentì invadere dall'angoscia. In capo a mezz'ora, massimo un'ora, si sarebbe ritrovata sola con l'uomo che, per uno strano scherzo del destino, era divenuto suo marito. Si rendeva conto soltanto in quel momento di aver commesso una pazzia. Non avrebbe dovuto accettare quell'assurda proposta di matrimonio! Come aveva potuto agire con tanta leggerezza? 
 
“Padre!” incominciò con voce stridula.  
Ma in quel mentre Antoine spalancò la porta ed entrò in cucina con passo cadenzato. 
 
La sua comparsa bastò a ridurla in silenzio. Era stata sul punto di confidarsi col prete e invocarne l'aiuto. Ma sarebbe stata pura follia rinnegare un voto che aveva pronunciato soltanto poche ore prima. Antoine non gliel'avrebbe mai perdonato, e fra l'altro la legge era dalla sua. 
Rinunciando all'insano proposito di confessare le proprie pene, chinò il capo con aria sconfitta. 
Quasi intuendo il corso dei suoi pensieri, Antoine la scrutò con sospetto. “Prendi qualche bicchiere, Danielle” le ingiunse in tono perentorio. “Ho intenzione di aprire una bottiglia di champagne per festeggiare l'occasione.” 
Incapace di avvertire l'ironia che vibrava nella sua voce, Don Charles batté le mani soddisfatto. 
Senza dire una parola, lei si alzò in piedi e, aprendo la credenza, tirò fuori tre calici. Il Dom Perignon andò sprecato con lei. Lo champagne non le era mai piaciuto. Preferiva di gran lunga i vini fermi a quelli frizzanti. 
Il prete, tuttavia, parve gradire l'inebriante vinello di cui si servì a più riprese, col risultato che, al momento dei saluti, era piuttosto alticcio. 
“Che Dio vi benedica, figlioli” esclamò con voce impastata. “Possa il vostro amore durare in eterno. Spero che avrete tanti bambini!” 
“Grazie, padre” mormorò lei al colmo dell'imbarazzo. 
Senza mostrare alcuna emozione, Antoine aprì la porta lasciando entrare una ventata d'aria fresca. Fuori faceva già buio. “La porto a casa in macchina, padre” annunciò deciso. “Si è fatto tardi, e il sentiero può essere scivoloso.” 
Il prete protestò con veemenza, ma lui non volle sentire ragioni. 
 
“Va bene, ragazzo mio. Grazie, allora” s'arrese infine Don Charles. Si voltò a guardare Danielle. “Non lo tratterrò a lungo, te lo prometto.” E con una risatina chioccia, uscì fuori nella notte. 
Antoine lo seguì in silenzio. Non un saluto uscì dalle sue labbra. 
Raggelata da quel comportamento, Danielle rimase immobile a fissare la porta che si era richiusa con un tonfo sordo. 
 
Il miagolio della gatta ebbe il potere di riscuoterla da quella dolorosa letargia. Facendosi forza, si avvicinò al tavolo e radunò i bicchieri che sciacquò nel lavello con gesti meccanici. La vita continuava, e piangere sul latte versato non sarebbe servito a nulla. Tanto valeva rassegnarsi. Erano quasi le sette e, al suo rientro a casa, Antoine avrebbe voluto cenare. 
Sul fornello vi era lo spezzatino che aveva preparato il giorno prima. Aveva deciso di servirlo con le focaccine che Marie le aveva portato dal forno. Be', come banchetto nuziale lasciava alquanto a desiderare, pensò con un'ombra di inquietudine.  
 
Suo marito lo avrebbe gradito lo stesso?  
O avrebbe preteso qualcosa di più, dato che aveva stappato una bottiglia di Dom Perignon? 
 
Si tranquillizzò pensando che, in fondo, non era cambiato niente. A dispetto dello champagne, da festeggiare non c'era proprio un bel nulla. Un singhiozzo amaro le sfuggì dalle labbra. Santo cielo, il giorno del suo matrimonio! No, non era così che se l'era immaginato. 
Aveva appena finito di apparecchiare la tavola quando udì Antoine parcheggiare l'auto dinanzi a casa. Deglutendo a fatica, prese a rimestare lo spezzatino, tanto per tenere le mani occupate. Lui entrò fischiettando. Dopo aver appeso il giaccone dietro la porta, si avvicinò all'acquaio e si lavò le mani con cura. Afferrata la salvietta, gettò un'occhiata ai fornelli. 
“Che buon odore!” esclamò deliziato. “Marie ha portato le focaccine?” “Sì.” 
Danielle s'accorse d'aver parlato in modo brusco, ma ormai era tardi per rimediare. 
Lui la scrutò con espressione esasperata. “Si può sapere che cosa c'è, adesso? Qual è il problema? Perché sei così imbronciata? Ho fatto qualcosa di male?” 
“Certo che no” rispose lei scuotendo il capo. 
“Non c'entro nulla con la faccenda degli abiti!” si difese lui, fraintendendo il suo malumore. “Non mi credi?” 
“Sì” fece lei secca. Si girò verso i fornelli. “E' quasi pronto” annunciò laconica. 
Seguì un lungo silenzio, durante il quale lei continuò a mescolare lo spezzatino sino a ridurlo in poltiglia. Sbirciando dietro di sé, si accorse che Antoine non si era mosso. “Non è cambiato nulla, vero?” gli domandò titubante. 
Lui s'adombrò. “Non che io sappia. Credi forse che un documento possa mutare la situazione?” 
“Quel documento sancisce un vincolo” gli ricordò lei pungente. “Un vincolo che prima non esisteva!” 
“E che non esisterà mai, se non a livello nominale” specificò lui con durezza. “Non sono avvezzo a rimangiarmi le promesse, chiaro?” Si sedette a tavola e tagliò il pane. “E adesso rilassati, per favore!” 
Lei posò il tegame sul tavolo e si pulì le mani nel grembiule. “Non sono come lei, "monsieur"“ mormorò con voce fioca. “Trovo tutto così... così strano!” 
Antoine la fissò con espressione indecifrabile. “Se ti può consolare, mi sento anch'io un po' confuso.” Fece una pausa significativa. “Senti, capisco il tuo imbarazzo, ma non credi che sia giunta l'ora di incominciare a darmi del tu? Dovrai pur abituarti! Sono 
 
tuo marito ormai! In ogni caso, le tue paure sono del tutto immotivate. Non ho nessuna intenzione di irrompere nella tua stanza e turbare i tuoi casti sonni. Come ho già avuto modo di affermare in un'altra occasione, non mi piacciono le mocciose!” 
Quel commento crudele ebbe il potere di ferirla. “Lei è offensivo.” 
“Che cosa c'è di offensivo nella verità?” ribatté lui sorpreso. “Credevo anzi che le mie parole ti avrebbero tranquillizzata.” 
 
Danielle si fece scarlatta. “Lei è molto esplicito, "monsieur". Cercherò di ricordarmene.” “Incomincia col ricordarti il mio nome” esclamò lui spazientito. “Marie potrebbe pensare che mi chiami "monsieur" anche a letto!” 
“Marie?” 
“Be', certo. Non appena si accorgerà che hai riportato gli abiti in camera tua, se ne uscirà con qualche commento, vedrai! E, alla lunga, questo tuo stupido vezzo di darmi del lei potrebbe indurla a credere che il nostro matrimonio non è dei più felici! Non ti basta che vada a dire in giro che ti rifiuti di dividere il mio letto?” 
“Non credevo che Marie fosse così pettegola!” 
“Be', ora lo sai” tagliò corto lui. “Bada a come parli in sua presenza.” 
“Forse farei meglio a lasciare qualche vestito nella... nella tua stanza” balbettò lei imponendosi a fatica di dargli del tu. L'idea che l'intero villaggio apprendesse gli squallidi retroscena del suo matrimonio le riusciva quanto mai sgradita. 
“Lascia perdere. E' inutile” sbottò Antoine indifferente. “E adesso, se mi vuoi scusare, mi ritiro nello studio. Chiamami quando è pronta la cena.” 
Ore dopo, mentre giaceva sul letto incapace di prendere sonno, Danielle tentò di fare il punto della situazione. Che cosa contava l'opinione di un'incolta paesanotta? Il suo matrimonio con Antoine non la doveva riguardare. In fondo, la padrona di casa era lei, non Marie. Forse le aveva concesso troppe libertà nei giorni passati. Avrebbe dovuto mostrarsi più severa in futuro. La prospettiva era deprimente, dato che la simpatica servetta costituiva la sua unica compagnia. 
Si rigirò nel letto in preda all'angoscia. Avrebbe dovuto dormire invece di torturarsi in quel modo. Il mattino seguente Antoine avrebbe preteso che lei si alzasse al solito orario per preparargli la colazione, e Danielle non voleva mostrarsi con le occhiaie, anche perché Marie le avrebbe attribuite non tanto all'insonnia quanto a una tumultuosa notte d'amore. 
Udendo il cigolio di una porta che si apriva e si richiudeva, si sollevò a sedere e rimase in ascolto. Non giungendole alcun altro suono, tornò a coricarsi con un sospiro. Ma era inutile. Non riusciva ad assopirsi. Agendo d'impulso, sgusciò fuori dal letto e si infilò la vestaglia di flanella. Attenta a non far rumore, socchiuse la porta e sbirciò nel corridoio ch'era deserto. 
Avanzando sul pianerottolo, s'avvide, nel soffuso chiarore lunare, che l'uscio di Antoine era socchiuso. Forse era sceso dabbasso, pensò avvicinandosi alla tromba delle scale. 
Una lama di luce filtrava dalla porta dello studio. Lei ebbe un sussulto. Nemmeno Antoine riusciva a dormire. La scoperta ebbe il bizzarro potere di rinfrancarla, perché sembrava dimostrare il fatto che lui non fosse poi così insensibile come amava far credere.  
 
Fu tentata di raggiungerlo e di offrirgli qualcosa di caldo, ma la prudenza finì col soffocare quello slancio affettuoso. Dubitava fra l'altro che Antoine avrebbe gradito una tazza di tè. Un bicchiere di cognac gli sarebbe parso assai più allettante. 
 
Con una scrollata di spalle, ritornò in camera sua e chiuse la porta dietro di sé. Mentre si toglieva la vestaglia, si chiese con apprensione che cosa ne sarebbe stato di lei. Mai come in quel momento il suo destino le era sembrato tanto incerto.