Ninni Raimondi -  Maggio 2020 - -© Copyright all over the World                             
 
 
 
 
 
Passò una settimana prima che Marie accennasse al fatto che Danielle continuava a dormire nella sua vecchia stanza da letto. “Mi dispiace che le cose non siano andate come sperava, "madame"“ esclamò un giorno a bruciapelo. 
Raggelata da quel commento inopportuno, Danielle si schiarì la voce. “Che cosa hai detto?” mormorò, continuando a rammendare un tovagliolo. 
L'altra scrollò le spalle. “Mi rincresce, "madame". Ma non ho potuto fare a meno di notare che...” S'interruppe imbarazzata. “Sì, insomma, che lei e il signor de Sagreaux non dividete la stessa camera.” 
“Non sono cose che ti riguardano, Marie” replicò lei decisa. 
Marie le lanciò un'occhiata penetrante. “Lo so, "madame". Ma il fatto è che mi sono affezionata a lei, al punto che vorrei vederla felice.” 
Danielle abbozzò un sorriso fiacco. “Sto bene, cara.” 
“Come sarebbe a dire?” esclamò la servetta. “Non deve fingere con me.” 
“Non sto fingendo” rispose lei sforzandosi di apparire calma e distaccata. “Io e il signor de Sagreaux” incominciò esitante, “abbiamo raggiunto una specie di accordo. Il nostro rapporto è del tutto soddisfacente. Sono certa che capirai la situazione. Ho sempre pensato che da queste parti i matrimoni d'interesse fossero piuttosto comuni.” 
“Matrimoni d'interesse?” ripeté Marie stupita. “Ah, sì, forse ho capito a che cosa sta alludendo, sebbene non nel senso che intende lei. Certo, non nego che talvolta una ragazza possa sposare un uomo impostole dalla famiglia. Ma per quanto dettato dall'interesse, rimane pur sempre un matrimonio normale, "madame"! Nessuna donna accetterebbe di legarsi a un uomo senza aspettarsi...” Tossicchiò imbarazzata. “Be', sa anche lei quello che voglio dire.” Assunse un'espressione infelice. “Insomma, il matrimonio viene consumato lo stesso.” 
 
Danielle avvampò sino alla radice dei capelli. “Preferirei cambiare argomento” sbottò brusca. 
Marie la fissò costernata. “Mi dispiace, "madame"“ ribadì per l'ennesima volta. “Non... non sapevo...” 
“Che cosa non sapevi?” la interruppe lei con malagrazia. L'altra abbassò il capo senza parlare. 
“Su, parla” la incoraggiò Danielle addolcendosi. 
Marie ebbe una lieve esitazione. “Preferirei non dirlo, "madame".” 
Lei serrò le labbra. “Non sono pazza, se è questo che stai cercando di insinuare.” “Oh, no, "madame"“ protestò la servetta con vigore. “Non l'ho mai pensato, nemmeno per un momento. Sa com'è, ho sentito dire che il signor de Sagreaux ha avuto molte avventure. Ci sa fare con le donne.” Si scostò una ciocca di capelli dal viso. “Mi dispiace che lei non apprezzi queste cose.” 
“Quali cose?” indagò lei senza capire. 
“Mi avevano detto che gli inglesi erano freddi, "madame". Ma non ci avevo creduto.” Danielle mantenne a stento la calma. “Così pensi che io sia frigida, giusto?” 
Marie ebbe un tremito. “Mi dispiace, "madame".” 
 
Incapace di sopportare lo sguardo pietoso della ragazza, lei abbassò il capo. “Non vorrei deluderti, Marie” incominciò con voce ferma. “Ma la frigidità non c'entra proprio. Mio marito non mi ha sfiorata nemmeno con un dito. E non pensare che ne sia rincresciuta. Il nostro è un matrimonio d'interesse nel vero senso della parola. Ci siamo sposati per godere di certi benefici che esulano dalla sfera sentimentale e sessuale. Sono stata chiara?” 
“Sì, "madame".” 
Era evidente che Marie non le credeva. Soffocando un gemito, Danielle seguitò a cucire. Si era già pentita di quell'inutile sfogo che, lungi dal convincere la sua intrigante servetta, avrebbe alimentato le chiacchiere giù in paese. Antoine avrebbe senz'altro criticato il suo comportamento. Ma del resto era piuttosto improbabile che gli giungesse all'orecchio ciò che lei aveva ammesso abbandonando ogni prudenza. 
 
La settimana seguente Danielle ricevette una lettera. 
Da quando si era trasferita in Francia, non aveva ricevuto alcuna missiva, all'infuori delle brevi note esplicative dell'avvocato di famiglia. Le sue ex colleghe di lavoro non conoscevano ancora il suo nuovo indirizzo. Lei aveva promesso di mantenersi in contatto con loro ma, per un motivo o per l'altro, non aveva rispettato l'impegno. La morte del padre e il matrimonio con Antoine avevano sconvolto la sua esistenza. Fra l'altro, non avrebbe saputo come spiegare alle amiche di sempre che cosa l'avesse spinta a sposarsi così, su due piedi. 
Fu dunque sorpresa di ricevere una lettera, recante per di più un timbro postale francese. Gliela consegnò Marie, di ritorno dal villaggio dove si era recata a sbrigare alcune commissioni. Approfittando dell'assenza di Antoine, uscito alle prime ore dell'alba, Danielle si rifugiò nello studio e stracciò la busta incuriosita. 
L'indirizzo parigino, vergato sulla destra del foglio, le era del tutto sconosciuto, al pari della firma che compariva in basso: Louise Senneville. Dal momento che il cognome era quello del padre, giunse alla conclusione che dovesse trattarsi di una lontana parente del ramo francese. 
L'ipotesi si rivelò corretta. Louise Senneville aveva sposato Emile Senneville, il fratello di suo nonno. Nella lettera si leggeva ch'era venuta a conoscenza soltanto di recente della morte di suo nipote e del matrimonio di Danielle con Antoine de Sagreaux. Poiché aveva sempre desiderato conoscere la figlia del caro Pierre, l'anziana signora la pregava di andarla a trovare a Parigi, insieme al marito. 
Con un sorriso, Danielle ripose il foglio nella busta. Quell'invito inaspettato le era giunto quanto mai gradito. Era consolante che qualcuno, sia pure una parente acquisita, nutrisse un po' di affetto per lei. Alzandosi in piedi, si avvicinò alla finestra. Durante la notte il vento aveva depositato a valle un'ombra di neve dalle montagne, e la pioggia aveva rigato i vetri. Mancava poco a Natale, in occasione del quale erano solite riunirsi le famiglie. 
All'ora di pranzo, quando Antoine arrivò a casa, lei s'affrettò a mostrargli la lettera. Lui ne osservò la busta con aria interrogativa. “Chi ti ha scritto?” 
“Una zia di mio padre. Leggila” lo invitò lei sedendosi a tavola davanti a lui. Si sentiva euforica. 
Antoine si irrigidì di colpo. “Louise Senneville?” domandò aggrottando la fronte. “Proprio lei. Perché? La conosci? Vi siete già visti?” 
“Qualche volta” fece lui laconico. Poggiò la busta sul tavolo. “Che buon odorino! Che cosa hai preparato?” 
 
Danielle sbuffò esasperata. “E' la "bouillabaisse", dovresti saperlo!” Scoperchiò la pentola e assaggiò la zuppa fumante. Sapeva un po' di bruciato. “Vuoi deciderti a leggere quella lettera, sì o no?” esclamò riempiendo i piatti. 
“E' indirizzata a te.” 
Lei sospirò. “Non importa. Sei... sei mio marito” balbettò confusa. “Già.” Antoine incominciò a mangiare. 
“Ti prego, leggila” lo supplicò lei. “Vuole che andiamo a trovarla a Parigi.” Lui non disse nulla. 
Stupita dinanzi a tanta indifferenza, lei non poté fare a meno di esclamare: “Be', non hai niente da dire?”. 
Antoine assunse un'espressione infastidita. “Che cosa dovrei mai dire?” 
“Be', per esempio, se hai intenzione di accettare l'invito!” avanzò lei titubante. “Vuoi andare a Parigi?” 
“Mancano tre settimane a Natale. Sarebbe bello...” 
Antoine la interruppe con un gesto spazientito. “Vai tu, se vuoi.” Danielle si morse le labbra. “Intendi dire da sola?” 
“Io non verrò di certo.” 
“Ma non posso andare da sola!” si lamentò lei delusa. “Perché no?” 
Danielle giocherellò con il tovagliolo. “Non posso, ecco tutto. Parigi è molto lontana. Dovrei fermarmi almeno una notte.” 
 
Lo sguardo di lui s'indurì.  
“Puoi restare quanto vuoi. Me la posso cavare benissimo anche senza il tuo aiuto.” 
“No!” gridò lei senza riflettere. 
Antoine parve stupito. “Be', che cosa ti prende, adesso?” 
Lei scrollò le spalle imbarazzata. “E' il nostro primo Natale insieme” mormorò con voce fioca. 
Lui si alzò in piedi di scatto. “Mi auguro che tu non stia diventando sentimentale, Danielle” commentò con una certa crudezza. “Di Natali insieme ne trascorreremo sin troppi.” E senza aggiungere altro, se ne andò via. 
Rimasta sola, Danielle scostò il piatto con aria disgustata e sparecchiò la tavola. Aveva perso l'appetito. Non riusciva a capire l'atteggiamento di Antoine. Ogni volta che si sforzava di avviare una conversazione qualsiasi, lui la zittiva con un commento brusco. Da che cosa scaturiva tanta manifesta ostilità? In fondo, lei si era adeguata alle circostanze. Lavorava di buona lena, senza mai lamentarsi. Teneva pulita la casa e cucinava i pasti, come voleva lui. Non chiedeva nulla all'infuori di un po' di educazione. Il loro rapporto era per così dire formale, privo di implicazioni sessuali. Quando Antoine usciva dopo cena, lei si chiedeva se non avesse un'altra donna. 
A volte si sorprendeva a desiderare che lui le parlasse con maggior frequenza, perché era un'esistenza solitaria quella cui Danielle era stata condannata. Ma lui tendeva in genere a ignorarla. Lei avrebbe voluto che le raccontasse qualcosa del suo passato. Sapeva così poco sul suo conto! Era vedovo, glielo aveva detto lui. Le aveva tuttavia taciuto i dettagli del suo primo matrimonio. Chi era sua moglie? Di che cosa era morta? Gli aveva dato dei figli? Buio totale. Danielle aveva tentato di familiarizzare con lui, ma i suoi sforzi non erano stati coronati da alcun successo. Antoine rimaneva imperscrutabile. Certo, si mostrava gentile nei suoi confronti. Arrivava puntuale ai pasti, e talvolta esprimeva qualche cauto apprezzamento sui piatti che gli preparava. La trattava tuttavia con distratta indifferenza, come  avrebbe fatto con una governante. E lei, questo, non riusciva proprio a mandarlo giù. D'accordo, la causa di tutti i suoi problemi era da ricercarsi nel testamento paterno. Ma Antoine non l'aiutava di certo ad accettare la situazione! 
Nei giorni che seguirono, Danielle non fece altro che pensare a quella lettera. Lui non ritornò più sull'argomento. Ai suoi occhi la questione era chiusa. Lei avrebbe voluto riparlargliene, ma ogni volta le mancava il coraggio. Non sapeva davvero che cosa fare. In teoria, avrebbe potuto accettare l'invito e spiegare a Louise Senneville che sarebbe andata da sola, dal momento che il marito era impegnato. Ma non si decideva a rispondere. Per una ragione che ancora le sfuggiva, era restia a lasciare solo Antoine per qualche giorno. Lui si sarebbe di certo arrangiato, ne era certa. E Marie avrebbe provveduto a pulire la casa. Ma Danielle era in preda all'incertezza. Vi era qualcosa che la tratteneva lì. Finché fosse rimasta a Clervaux, avrebbe potuto fingere che il suo matrimonio rientrasse nella normalità. Ma se fosse andata a Parigi e avesse dovuto raccontare un sacco di menzogne all'anziana signora Senneville, forse l'illusione sarebbe crollata sotto il peso della realtà. Il cervello umano era bizzarro. Vedeva soltanto ciò che voleva vedere. Danielle aveva paura che, allontanandosi da casa, non sarebbe più riuscita ad accettare lo strano destino che suo padre aveva voluto imporle. Avvertiva, sia pure in modo confuso, che la sua indecisione era dettata anche da altri motivi che preferiva tuttavia ignorare, almeno per il momento. 
Una mattina, sotto Natale, Antoine le disse che sarebbe andato ad Anciens. “Vuoi venire con me?” le domandò in tono burbero. 
Colta alla sprovvista, Danielle si chiese che cosa lo avesse indotto a formulare quel sorprendente invito. Negli ultimi tempi si era mostrata piuttosto fredda nei suoi confronti. Ce l'aveva ancora con lui per via della lettera. Possibile che Antoine stesse cercando di farsi perdonare? “Be', mi piacerebbe” mormorò stupita. “Dovrei fare qualche acquisto in vista del Natale.” Il marito le assegnava una somma mensile per le spese della casa. 
 
Lui scrollò le spalle con indifferenza.  
“Be', se vuoi venire, faresti meglio a sbrigarti. Parto tra mezz'ora.” 
Danielle assunse un'espressione contrariata. “Ma non ho ancora fatto i letti! E poi devo riordinare la cucina!” 
“Viene Marie, no?” “Sì.” 
“E allora ci penserà lei, per una volta. Non si ammazzerà di fatica, te l'assicuro. Le spiacerà solo di non poter spettegolare come al solito.” 
Lei avrebbe voluto chiedergli a che cosa stesse alludendo. Ma si stava facendo tardi. Sparecchiata la tavola in tutta fretta, salì in camera a cambiarsi. 
Per la prima volta da quando era giunta a Clervaux, provò il desiderio di curare il suo aspetto esteriore. Indossò un elegante abitino color crema e si appuntò una spilla a forma di farfalla. Calzate le scarpine in tinta, si buttò sulle spalle un morbido cappotto bordato di volpe. Dopo essersi rimirata allo specchio, si concesse un sorriso soddisfatto. Stava bene vestita così, coi bei capelli castani sciolti sulle spalle, e quella consapevolezza bastò a risollevarle il morale. 
Ma quando scese dabbasso, Antoine non la degnò di uno sguardo. Controllando il contenuto della borsetta, lei si sforzò di non apparire delusa. Accidenti, che cosa le stava succedendo? In fondo, non si era fatta bella per lui! 
Lui non si era preso la briga di cambiarsi. Indossava un paio di pantaloni di velluto a coste e un maglione beige a collo alto. Un giaccone sportivo verde scuro completava l'insieme. 
 
Il viaggio d'andata si svolse in un rigoroso silenzio. Seduta con rigida compostezza, Danielle si costrinse a guardare fuori dal finestrino. Ma la vicinanza di Antoine aveva il potere di turbarla. La fragranza aromatica del suo dopobarba saturava l'abitacolo dell'auto, contribuendo ad accrescere il suo disagio. Antoine era un igienista convinto. Si faceva la doccia mattina e sera. Sotto questo punto di vista, poteva considerarsi fortunata, pensò lei. Non tutti gli uomini erano grandi amanti dei lavacri. Henri Vachelle, il custode della chiesetta locale, odorava ad esempio di sudore, e le sue unghie erano orlate di nero. Che disgusto! Le dita di Antoine erano lunghe e brunite dal sole, e le sue unghie erano pulite e tagliate con cura. Vi era un che di sensuale in quelle mani nervose, in continuo movimento. Mani abituate a lavorare. Mani forti eppur delicate, che sembravano accarezzare gli oggetti. Immaginandosele per un attimo sul proprio corpo, Danielle fu scossa da un brivido di eccitazione. 
In quel mentre Antoine consultò l'orologio d'oro che gli riluceva al polso. “Debbo incontrare una persona ad Anciens” le disse senza guardarla. “Ti consiglio di sbrigare nel frattempo le tue commissioni. Possiamo darci appuntamento all'ora di pranzo. Ripartiremo dopo mangiato.” 
Ancora sconvolta dal soffuso erotismo delle sue fantasticherie, Danielle si schiarì la voce. “Come vuoi.” 
Lui la fissò con espressione interrogativa. “Qualcosa che non va? Preferisci pranzare sola?” 
“No, certo che no” s'affrettò a specificare lei, ravviandosi i capelli con un gesto distratto. 
“Be', la mia era solo una proposta” continuò lui. 
“Una proposta che mi sta benissimo” tagliò corto Danielle. “Ti serve qualcosa?” 
Antoine scosse il capo. “Ho tutto ciò che mi occorre, grazie. I negozi di Clervaux soddisfano appieno le mie esigenze.” 
“Ci posso credere” replicò lei amara. “Che cosa vorresti dire con questo?” Lei avvampò. “Nulla.” 
“Se questo tuo sciocco comportamento è dovuto al mio rifiuto di accompagnarti a Parigi, ti consiglio di partire sola. I negozi della capitale sono più eccitanti di quelli di Anciens.” 
Lei lo fissò risentita. “Non so a che cosa ti stai riferendo.” 
“Sì che lo sai! Ce l'hai con me, non negarlo. Mi stai tenendo il broncio per via di quel dannato invito!” 
“Non credevo che l'avessi notato” commentò Danielle piccata. 
“L'ho notato, eccome!” sbottò Antoine sforzandosi di non cedere all'ira. “Non sei molto abile a nascondere i tuoi sentimenti .” 
“Devo supporre che tu lo sia, invece?” 
“Sempre più di te” concesse lui con esasperante tranquillità. “Prova ne sia il fatto che mi sono astenuto dal criticarti, come avresti meritato, per aver sciorinato in pubblico le nostre faccende personali.” 
“In pubblico?” gli fece eco lei aggrottando la fronte. “Che cosa intendi dire?” “Non fare la finta tonta! Non hai forse parlato del nostro "rapporto" con Marie?” 
“Mi sono limitata a qualche puntualizzazione casuale” si difese lei deglutendo a fatica. 
“Davvero?” replicò lui caustico. “Sbaglio o le hai detto che non mi avresti concesso di sfiorarti nemmeno con un dito?” 
“Non è vero!” 
 
“Lei prova compassione per te, s'intende, ma ne prova ancor di più per me. Te l'avevo pur detto com'era fatta! Marie pensa che io abbia bisogno di distrazioni.” “Come hai fatto a sapere quello che le avevo detto?” 
“Sono affari miei.” 
“Sul serio?” lo beffeggiò lei perdendo le staffe. “Forse è stata Marie a dirtelo. Forse si è anche offerta di distrarti. Forse è per questo motivo che sei così ansioso di spedirmi a Parigi!” Si portò una mano alla bocca. Aveva parlato senza riflettere, e adesso se ne pentiva. Che cosa diavolo le era venuto in mente? Si stava comportando come una donna gelosa! 
Antoine si lasciò sfuggire un sorriso. “Lavori troppo di fantasia, piccina” osservò con inaspettata gentilezza. “Ma se proprio ti interessa, Marie non è il mio tipo.” 
 
L'ultima parte del tragitto fu coperta in silenzio. 
Anciens sorgeva nel punto di confluenza del Bajou nel Rodano. Le verdi pianure circostanti traboccavano di mandrie al pascolo, mentre gli argini fluviali erano delimitati da alti pioppi. L'abitato era solcato da graziosi vicoletti che convergevano verso la piazza del mercato, dove bancarelle traboccanti di coloratissime mercanzie facevano da contrappunto ad abitazioni alte e austere, ingentilite da vasi di rose tardive. 
Danielle esplose in un'esclamazione di esterrefatta meraviglia. Non avrebbe mai creduto che Anciens fosse così pittoresca. Dimenticando ogni dissapore, tempestò Antoine di domande. 
Lui le raccontò volentieri il passato storico del delizioso borgo. “Hai bisogno di soldi?” le chiese poi parcheggiando davanti alla chiesa. 
“No, grazie. La somma che mi passi ogni mese è più che generosa. Devo solo acquistare alcune cose per la casa” rispose lei arrossendo. S'affrettò a scendere dall'automobile. 
Antoine non parve convinto. “Be', mi riferivo alle tue spese personali” obiettò uscendo dall'abitacolo. Chiuse la portiera con un tonfo e tirò fuori il portafogli. “Tieni” mormorò porgendole una manciata di banconote di grosso taglio. “Comprati qualcosa di carino per Natale.” 
Lei scosse il capo con violenza, rifiutandosi di accettare il denaro. “Prendilo!” esclamò lui soffocando un'imprecazione. “Comprati un regalo.” “Preferisco di no” articolò Danielle con orgoglio. 
“Perché no?” insistette Antoine senza capire. Controllò la somma. “Non è sufficiente?” “Ma come puoi dire una cosa del genere?” sbottò lei dispiaciuta. “E' solo che non voglio quei soldi!” 
“Ti aspettavi forse un regalo sotto l'albero di Natale?” domandò lui in tono derisorio. 
“Da te non mi aspetto proprio nulla!” dichiarò lei facendo l'atto di allontanarsi. Ma lui la trattenne per un braccio. “Pensi di riuscire a orientarti?” 
Sforzandosi di apparire distaccata, lei annuì. “Credo di sì.” “Sono le dieci e mezzo. Va bene se ci incontriamo tra due ore?” “D'accordo” rispose lei con voce fioca. “Ma dove?” 
Lui la scortò davanti al vecchio municipio. “Ho un appuntamento con un funzionario comunale. Sali pure se hai bisogno di me. In caso contrario, ti aspetto al ristorante "Le Dauphin" alle dodici e trenta.” Le indicò un piccolo edificio giallo con un'insegna di legno. 
Danielle annuì spaesata. All'improvviso, la prospettiva di vagare per Anciens non la elettrizzava più così tanto. Avrebbe voluto restare con Antoine, per quanto assurdo potesse sembrare.  
 
Erano trascorsi due mesi dall'ultima volta che si era recata in una città, e in quella piazza brulicante di gente si sentiva ormai come un pesce fuor d'acqua. 
“Che cosa c'è?” s'informò lui inquieto. “Perché mi stai guardando in quel modo?” Lei gli toccò il bavero del giaccone. “Io...” 
“Ma guarda un po' chi si vede!” 
Il commento, pronunciato da una frizzante voce femminile, ebbe il potere di infrangere quel raro momento di intimità. Girandosi di scatto, Danielle scorse una donna sorridente che dimostrava all'incirca una trentina d'anni. Bionda e ricciuta, indossava un elegante soprabito blu. Gli occhi, di un torbido verde, erano frangiati da lunghe ciglia, e le labbra, enfatizzate da un rossetto scarlatto, erano piene e invitanti. 
Antoine le sorrise con cordialità. “Ciao, Vivienne!” la salutò allegro. “Non sapevo che saresti venuta ad Anciens oggi.” 
“Né io mi sarei aspettata di trovarti qui” replicò l'altra guardando Danielle con sospetto. “Ti avrei chiesto un passaggio invece di prendere l'auto.” 
Lui si voltò verso la moglie. “Danielle, ti presento la signora Couvrier. Abita anche lei a Clervaux.” 
“Piacere” mormorò lei sforzandosi di apparire gentile. 
“E così sei la moglie di Antoine” esclamò l'altra con finta gaiezza. “Non credevo che fossi così giovane.” 
Danielle si morse le labbra. Vi era un che di offensivo in quell'osservazione fatua. “Sei qui per lavoro, Vivienne?” interloquì Antoine. 
 
“No, devo soltanto sbrigare alcune commissioni, "chéri". E tu?” 
“Ho un appuntamento con un funzionario comunale” spiegò lui. “Mia moglie, invece, vuole dare un'occhiata ai negozi.” 
Vivienne abbozzò un sorriso. “Ah, davvero?” commentò rivolgendosi a Danielle. “In tal caso potrei accompagnarti io.” Si umettò le labbra con la punta della lingua. “Muoio dalla voglia di conoscere i retroscena di questo matrimonio così precipitoso.” 
Lei si sentì morire. Non aveva voglia di sorbirsi le chiacchiere di quella donna malevola e intrigante. Si girò verso Antoine e gli lanciò uno sguardo supplichevole. 
Ma lui non colse il messaggio. “E' una buona idea, Vivienne. Non conoscendo la città, Danielle si sente piuttosto spaesata. Parla bene il francese, ma i dialetti potrebbero confonderla. Mi farebbe piacere saperla in tua compagnia.” 
“Antoine, non è il caso, davvero!” intervenne Danielle con vigore. 
“Da' retta a tuo marito, "chérie"“ le consigliò Vivienne con un sorrisetto falso. “Ci divertiremo, vedrai! Per il pranzo, come ci mettiamo d'accordo?” 
“Ho prenotato un tavolo a "Le Dauphin"“ spiegò Antoine disinvolto. “Perché non ti unisci a noi, Vivienne?” 
“Volentieri .” 
Danielle si conficcò le unghie nel palmo della mano. Era furiosa all'idea che Antoine le avesse organizzato la mattinata senza nemmeno consultarla. La stava trattando come una bambina! 
Avrebbe potuto protestare, certo, ma non le andava di fare una scenata in mezzo alla via. Imponendosi di far buon viso a cattivo gioco, salutò Antoine con freddezza. 
Una volta sole, Vivienne assunse un'espressione dura. “Che cosa vuoi acquistare?” le chiese in tono annoiato. 
“Non lo so ancora.” 
 
“Sei una di quelle che si fermano a guardare le vetrine per ore e ore?” sbuffò l'altra esasperata. 
“Sì” rispose Danielle con una punta di perfidia. “Ma non sei obbligata ad accompagnarmi. Possiamo ritrovarci al ristorante, se vuoi.” 
“E' meglio di no” osservò Vivienne con una smorfia. “Dai, andiamo. Stiamo bloccando il passaggio.” S'avviò con passo spedito. “Hanno aperto una nuova boutique in fondo alla via. Dovrebbe fare al caso tuo. Vendono abiti per adolescenti.” 
Danielle preferì ignorare quel velenoso commento. Intuiva che non sarebbe stato prudente litigare con la Couvrier. 
Col progredire della mattina, ritrovò tuttavia il buonumore. Vivienne la condusse in vari negozi, intrattenendosi con le commesse mentre lei osservava gli articoli esposti. 
Oltre ad alcuni cosmetici, Danielle comprò un dopobarba per Antoine, ripromettendosi di fargliene dono per Natale, sempre che anche lui si fosse presentato con un pensierino. Spinta dalla vanità, si lasciò tentare da un elegante abito di velluto nero che le fasciava il corpo con provocante audacia. 
Verso le undici e trenta, Vivienne la trascinò in un piccolo bistrot e ordinò due caffè. Appoggiando i pacchi su una sedia, Danielle si guardò intorno incuriosita. Era un localino grazioso, con tendine di pizzo e vasi colmi di fiori secchi. Le ricordava un po' il salotto di zia Catarine, colmo di cianfrusaglie e centrini. Un'ombra di tristezza le offuscò lo sguardo al ricordo della patria lontana. 
Vivienne parve avvertire la sua vulnerabilità. “So perché Antoine ti ha sposata” dichiarò all'improvviso. 
 
Danielle ebbe un sussulto.  
“Davvero?” “Sì. Me l'ha detto lui, s'intende.” “Capisco.” 
“Quanto speri che duri?” domandò l'altra in tono piatto. “Temo di non capire.” 
“Dovresti, invece. Hai sposato Antoine per interesse, no? Il vostro matrimonio è una farsa. Prima o poi verrà annullato.” 
“Annullato?” ripeté lei schiarendosi la voce. “Non vedo come questo possa riguardarti.” 
“Sono molto affezionata ad Antoine, carissima. Lo conosco da nove anni. E desidero la sua felicità.” 
Danielle sorbì un goccio di caffè. “Apprezzo il tuo interessamento” commentò in tono secco. “Ma non amo parlare della mia vita privata con estranei. Immagino che sia lo stesso per te.” 
“Ma io non ho nulla da nascondere, tesoro” esclamò l'altra brutale. “Sono vedova. Gilles, mio marito, è morto tre anni fa. Era molto più anziano di me, e soffriva di cuore.” Fece una pausa. “Vedi, so bene che cosa stai provando. Ho sposato Gilles perché era ricco. Certo, la mia situazione era un po' diversa dalla tua. Antoine ha solo vent'anni più di te, mentre Gilles poteva essere mio nonno. Avevo diciannove anni quando ho accettato la sua proposta di matrimonio. Ho rallegrato gli ultimi anni della sua vita, e in cambio lui mi ha lasciato in eredità l'officina Couvrier.” Disgustata da quella sordida storia, Danielle deglutì a fatica. “Sono le dodici passate” mormorò a disagio. “E' meglio avviarci.” 
Ignorando il suggerimento, Vivienne si accese una sigaretta. “Dimmi un po', non ti annoi a Clervaux? Sei troppo giovane per andarti a seppellire in una fattoria!” 
 
“Mi piace vivere in campagna” asserì lei. 
“Ma non ti mancano gli ammiratori?” insinuò l'altra. 
“E' ora di andare” borbottò lei alzandosi in piedi. “Si è fatto tardi.” 
“Quanta fretta!” sbottò Vivienne di malumore, spegnendo la sigaretta con un gesto nervoso. “Antoine aspetterà, "chérie". Te lo posso assicurare.” 
Giunsero al ristorante a un quarto all'una. Per ingannare l'attesa, Antoine si era seduto al tavolo e aveva ordinato da bere. 
“Lo so, siamo in ritardo!” dichiarò Vivienne prima che Danielle potesse dire qualcosa. “Ma questa piccina non la finiva più di spendere e spandere. Guarda com'è carica di pacchi!” 
 
Antoine scrollò le spalle.  
“Sedetevi. Che cosa prendete da bere?” Danielle mangiò pochissimo. Il pranzo le parve un supplizio. 
Vivienne dominò la conversazione, rivolgendosi ad Antoine con imbarazzante intimità. Al momento dei saluti, gli lanciò un'occhiata provocante. “Vieni da me, dopo?” sussurrò con aria complice. 
Radunati i pacchi, Danielle si avviò spedita verso la porta. Aveva sentito abbastanza. Congedatosi da Vivienne, Antoine la raggiunse dopo pochi secondi. 
Durante il viaggio di ritorno, lei si sforzò di apparire allegra. “Tutto bene al comune?” domandò in tono educato. 
Lui le lanciò uno sguardo glaciale. “Sei stata molto scortese con Vivienne” commentò a bruciapelo. 
“Che cosa?” fece lei colta alla sprovvista. 
“Non l'hai nemmeno salutata. Ti sei comportata da sciocca.” “Ma come osi?” 
“Gilles Couvrier era un amico di tuo padre. Motivo di più per rispettare la sua vedova.” 
“Che è amica tua” contrattaccò lei acida. “Certo, è un'amica.” 
“Un'amica "molto intima".” “Perché dici questo?” 
Lei si passò una mano sul viso. “Preferirei non parlarne.” 
“E' per questo che hai dato libero sfogo al tuo infantilismo?” domandò lui ironico. “Perché non eri più al centro dell'attenzione?” 
“Non è vero!” si difese lei. “Che cosa vuoi mai che mi importi delle tue avventure extraconiugali!” 
 
"Ma gliene importava, eccome"!  Per una ragione che ancora le sfuggiva, incominciava a nutrire una sorta di gelosia nei confronti di Antoine. 
“Meglio così” osservò lui indifferente. “In ogni caso, ti sei comportata malissimo oggi. E dire che Vivienne è stata così gentile con te! Ti ha persino accompagnata in centro! Ti sei forse arrabbiata perché ha attribuito a te la colpa del ritardo?” 
“Non è colpa mia se eravamo in ritardo!” esplose Danielle. “Se proprio vuoi saperlo, la tua cara Vivienne mi ha trascinata in un bistrot dove mi ha sottoposta a un interrogatorio di terzo grado!” 
“Che cosa?” 
“Sì, un interrogatorio. Hai capito benissimo. Mi ha chiesto quanto mi aspettavo che durasse il nostro matrimonio .” 
Lui aggrottò la fronte. “E tu che cosa le hai risposto?” 
“Niente” mormorò lei depressa. “Mi ha domandato molte altre cose, ma mi sono sempre mantenuta sul vago.” 
 
Antoine scosse il capo.  
“Ah, le donne! Riuscirò mai a capirle?” Si girò a guardarla con espressione indecifrabile. “Mi dispiace comunque che Vivienne ti abbia turbata con la sua mancanza di tatto.” 
Danielle fu sul punto di confessargli le insinuazioni della Couvrier ma, nel timore di non essere creduta, rimase in silenzio. Le riusciva difficile accettare il fatto che Antoine la tradisse con quella donna maligna e amorale. Certo, si era immaginata che lui avesse un'altra, ma ora che ne aveva la certezza, ne soffriva in modo atroce. 
“Che cosa c'è adesso?” le chiese lui con gentilezza. “Nulla” mentì lei. 
“Danielle, lo so che sei triste. Lo sento. Ma non scoraggiarti. Il nostro matrimonio sarà caratterizzato da gioie e dolori, come accade sempre. Ai periodi di crisi si alterneranno i momenti felici. La convivenza, anche se dettata dall'amore, può dare luogo a dissapori, specie all'inizio.” 
“Ma il nostro non è un vero matrimonio, no?” 
“Che cosa stai cercando di dirmi?” la sondò lui inquieto. “Desidereresti forse che lo fosse?” 
“No” commentò lei arrossendo. “Volevo soltanto dire che il nostro rapporto è destinato a essere più difficile di tanti altri, non credi?” 
“Capisco” concluse lui corrugando la fronte. “Non è che Vivienne ti abbia detto qualcos'altro, vero? Qualcosa che magari mi stai nascondendo?” 
“Certo che no” replicò Danielle sulla difensiva. 
“Sarà” rispose lui scettico. Ma lasciò cadere l'argomento. “Allora, ti sei divertita in centro? Che cosa hai comprato?” 
 
Sforzandosi di apparire entusiasta, lei gli riassunse gli avvenimenti della mattinata.  
Ma qualcosa, forse l'istinto, la indusse a tacere l'acquisto del voluttuoso abito di velluto nero.  
Un abito disegnato per sedurre.  
Ma sedurre chi?