Ninni Raimondi -  Maggio 2020 - -© Copyright all over the World                             
 
 
 
 
 
Due settimane dopo, nel ricevere un'altra lettera di Louise Senneville, Danielle si senti sommergere dai sensi di colpa. Pur esprimendo la propria cocente delusione per non aver ricevuto alcuna risposta alla sua precedente missiva, l'anziana signora rinnovava l'invito a raggiungerla a Parigi. Questa volta, tuttavia, Danielle si guardò bene dal parlarne con Antoine. 
Dall'epoca di quel doloroso diverbio, quando lui le aveva chiesto di andarsene, il loro rapporto si era deteriorato in maniera incredibile, e Danielle ne soffri  va  da morire. Aveva sperato che, dopo quella travolgente notte d'amore, sarebbe cambiato qualcosa nel loro matrimonio. Ma ora che l'illusione si era spezzata, soltanto la forza del suo amore le consentiva di tirare avanti. Le riusciva peraltro difficile nascondere i propri sentimenti all'uomo che aveva imparato ad amare con tutta se stessa. Era una tortura averlo accanto e non poterlo sfiorare. D'altro canto, l'idea di separarsi da lui la riempiva di disperazione. 
Era convinta che, per Antoine, fosse tutto molto più semplice. Non era facile alle emozioni, lui, e gli affari contribuivano a distrarlo. Fra l'altro era sempre fuori casa poiché, con l'avanzare della stagione, il vigneto richiedeva cure costanti. Il terreno andava smosso e concimato, e bisognava provvedere alla piantagione delle nuovi viti, mentre le piante adulte dovevano essere potate nella forma di allevamento prescelta. 
Malgrado le sue continue assenze, l'atmosfera casalinga rimaneva tesa, e Marie trovava difficile nascondere la propria curiosità. Intuiva che la situazione era cambiata, ma non sapeva che cos'era successo, e Danielle si rifiutava di dirglielo. 
Non aveva più rivisto David Howard. Marie le aveva confidato d'aver sentito dire in giro che "monsieur" Antoine aveva intimato all'inglese di tenersi alla larga da sua moglie. Certa che l'avesse fatto per evitare le chiacchiere della gente, Danielle non se n'era rallegrata più di tanto. 
I giorni si susseguivano sempre uguali. Antoine parlava solo se interrogato. Mangiava in fretta, come se non gradisse la sua compagnia. Si comportava con glaciale indifferenza, ignorandola il più delle volte. La situazione stava diventando insostenibile, e Danielle incominciava a temere che le cedessero i nervi. 
 
A far precipitare gli eventi contribuì una scioccante scoperta. 
Incominciò tutto in sordina, al punto che, sul momento, lei non si accorse di quello che le stava accadendo. La mattina si svegliava con un senso di nausea e, quando scendeva a far colazione, mangiava poco o nulla. Le riusciva difficile trangugiare il caffè, il cui aroma bastava ormai a suscitarle un fastidioso malessere. Presa com'era da altre considerazioni, prestò scarsa attenzione ai semplici meccanismi del proprio corpo finché un giorno, alle prime luci dell'alba, non diede di stomaco. Consultando il calendario, si accorse con orrore di aver saltato il ciclo. Santo cielo, ma allora era incinta! 
La rivelazione ebbe l'effetto di sconvolgerla, tant'è che rimase come inebetita fino a sera, chiedendosi che cosa doveva fare. Di una cosa era certa: non avrebbe abortito. Voleva quel figlio. Il figlio di Antoine. Se non poteva avere lui, che almeno le restasse un ricordo tangibile di quell'unica, struggente notte d'amore. 
Ma la gravidanza poneva tutta una serie di problemi pratici di difficile risoluzione. Quel matrimonio non avrebbe retto alla nascita di un bambino. Antoine era rimasto con lei per via del vigneto. Ma avrebbe voluto che lei se ne andasse. Come comunicargli la sconcertante notizia che stava per diventare padre? Danielle era disperata. Portava in grembo il figlio di un uomo che la disprezzava. 
Quella sera, quando Antoine rincasò alla solita ora, si dibatteva ancora nell'incertezza. Non aveva preparato la cena, il fuoco languiva, e la casa appariva fredda e disordinata. Mai prima di allora aveva trascurato i suoi doveri domestici. 
Lui si guardò intorno con aria sorpresa. Danielle sedeva davanti al fuoco, con espressione assorta. Senza dire una parola, lui attizzò le braci e aggiunse un po' di legna. Si girò poi a fissarla. 
 
“Che cosa c'è?” le chiese.  
“Non stai bene?” “Non troppo” ammise lei. 
Lui le sfiorò la fronte. “Non sei calda. Ma faresti meglio ad andare a letto.” 
Danielle scrollò le spalle. “Non è il caso. Che cosa vuoi per cena?” Fece l'atto di alzarsi. “Resta seduta” le ingiunse lui. “Posso fare da solo. Hai fame? O preferisci saltare la cena?” 
 
Lei si morse le labbra. A dire il vero, aveva una fame da lupi. “Forse è meglio che mandi giù qualcosa.” 
“Che cosa vuoi? Un po' di minestra? Una frittata?” Aprì lo sportello del frigo. “Una fetta di torta?” 
“Tutto” rispose lei con l'acquolina in bocca. “Tutto? Caspita, che appetito!” 
“Vuoi una mano?” 
“No, grazie. Me la cavo abbastanza bene in cucina.” 
La cena fu deliziosa, ma il buonumore di Danielle scaturiva non tanto dal cibo quanto dall'atteggiamento rilassato di Antoine. Non era mai stato così premuroso con lei. Nel tentativo di distrarla, le parlò del vigneto e dei problemi inerenti alla viticoltura. Le spiegò i trattamenti disinfestanti cui avrebbe dovuto sottoporre le piante in primavera e all'inizio dell'estate, in vista della fioritura e della successiva fruttificazione. Lei lo ascoltò con piacere, avvertendo l'entusiasmo che gli vibrava nella voce. Ma a quella gioia passeggera si sostituì l'improvvisa consapevolezza che, in capo a settembre, epoca della vendemmia, lei non sarebbe più stata lì, a Clervaux. Non nelle sue condizioni. Secondo i suoi calcoli, il bambino sarebbe nato in autunno. 
Notando il suo repentino cambiamento d'umore, lui la fissò con espressione interrogativa. “Che cosa c'è? Sei sbiancata in volto. Ti senti ancora male?” 
 
“No, sono solo un po' stanca” lo tranquillizzò Danielle. “Ho dormito male la notte scorsa.” 
“Per via del topo?” 
“No. Marie ne ha catturato uno, l'altro giorno. Forse era il mio visitatore notturno.” Lui annuì. Poi, quasi controvoglia, le posò una mano sulla spalla. “Sei molto nervosa, vero?” le chiese a bassa voce. “E' stato così terribile?” 
“Che... che cosa?” balbettò lei. 
“La situazione.” Lui sospirò. “Ti ho trattata in modo abominevole. Mi dispiace.” Danielle ebbe un moto di sorpresa. Si stava scusando? “Che cosa intendi dire?” 
“Sono stato egoista e insensibile. Ho ferito i tuoi sentimenti. E' stato un brusco risveglio, vero?” 
Lei si sentì pervadere da un senso di speranza. “Io...” 
“No, lasciami finire” la interruppe lui. “Danielle, ho riflettuto molto in questi giorni, e sono arrivato alla conclusione che non avrei dovuto chiederti di andartene.” Abbozzò un sorriso amaro. “Siamo sposati. Mi sono assunto un impegno nei tuoi confronti. Un impegno che, da buon cattolico quale sono, devo rispettare. Intendo salvare il nostro matrimonio. Vorrei pertanto ristabilire quel tenue legame che se non altro soddisfaceva le convenienze sociali...” 
Con un gemito, Danielle si scostò da lui.  
 
“Qual è il problema, Antoine?” domandò in tono duro.  
“Sei andato a confessarti stamane, e Don Charles ti ha negato l'assoluzione, biasimandoti per avermi trattata come una pezza da piedi? Che cosa gli hai detto? "Mi perdoni, padre, perché ho peccato? Ho sedotto mia moglie e, quando lei ha cercato di perdonarmi, le ho detto di andarsene?"“ 
“Sta' zitta!” le intimò lui furibondo. “Come osi parlarmi in questo modo?” 
“Ma che arroganza!” gridò lei indignata. “Come hai potuto propormi di salvare il nostro matrimonio in nome delle convenienze sociali? Quali convenienze?” 
“Danielle, sono tuo marito e mi devi rispetto!” 
 
“Un rispetto che non ti meriti.” E, senza aggiungere altro, salì le scale di corsa e si rifugiò in camera sua. Chiudendosi a chiave, si buttò sul letto e scoppiò in un pianto dirotto. 
Un'ora dopo, lui bussò alla porta. “Dormi, Danielle?” Lei non rispose. 
“Non avrei dovuto comportarmi in quel modo” continuò lui. “Ma tu mi esasperi!” Non giunse alcuna risposta. 
“Va bene, Danielle, fingi pure di dormire. Ma ricordati, c'è sempre un domani!” Soffocando un'imprecazione, si allontanò con passo pesante. 
 
Distesa sul letto, lei rimase a fissare il soffitto in preda all'apatia. No, non era più possibile recuperare la situazione. Forse, in un'altra circostanza, avrebbe anche accettato la sua offerta di amicizia. Ma adesso non se la sentiva. Voleva ben altro da lui! E non sarebbe riuscita a sopportare la sua compassione nell'apprendere che era incinta. Non voleva un amico, ma un marito. 
In capo a un'ora, aveva preso una decisione. Sarebbe partita, ma non per l'Inghilterra. Non subito, almeno. Prima avrebbe lasciato Clervaux e si sarebbe trasferita in una città qualsiasi. Avrebbe poi chiesto ad Antoine di mandarle un po' di denaro. Lui avrebbe senz'altro accolto la sua richiesta, felice all'idea di sbarazzarsi della sua moglie bambina. 
Ma dove sarebbe andata? Le tornò in mente Louise Senneville. Era tentata di accettare il suo invito. Ma se le avesse scritto, sarebbero passati giorni e giorni prima che l'anziana signora le rispondesse, sempre che non si fosse offesa per il fatto che le sue missive erano state ignorate. No, se davvero voleva recarsi dalla Senneville, avrebbe dovuto presentarsi al suo cospetto senza preavviso. 
Si sentì pervadere dall'inquietudine. Non amava fare le improvvisate, specie a persone che le erano sconosciute. Come avrebbe reagito la zia nel vedersela piombare in casa di colpo? 
Ma Danielle non poteva permettersi il lusso di farsi degli scrupoli. Aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei. Qualcuno con cui parlare, con cui condividere le ansietà che la stavano dilaniando. Louise era una parente del padre. L'avrebbe aiutata, anche dal lato pratico. In Francia, Danielle non avrebbe saputo a chi rivolgersi per ottenere una qualche assistenza medica durante la gravidanza. Ma la zia l'avrebbe di certo ragguagliata in proposito. 
Nascose il viso nel cuscino. Avrebbe potuto scrivere ad Antoine da Parigi e, una volta che lui le avesse spedito un po' di denaro, avrebbe affittato un appartamentino per conto suo. Era quasi certa che lui non avrebbe riconosciuto l'indirizzo di Louise. Ma in ogni caso non era il tipo da seguirla. 
 
La decisione era presa.  
L'indomani, Danielle si sarebbe recata ad Anciens, e di lì avrebbe preso un treno per la capitale. Le sarebbe bastata una sacca da viaggio, dato che intendeva portare con sé soltanto lo stretto necessario. In cuor suo sapeva che avrebbe dovuto avvertire Antoine, ma intuiva che non sarebbe stato prudente. Lui avrebbe senz'altro cercato di dissuaderla a partire o avrebbe comunque indagato i motivi che la spingevano a far fagotto. Meglio evitare una scenata. Se ne sarebbe andata via mentre lui era fuori, nel vigneto. Gli avrebbe lasciato un messaggio in modo che non si preoccupasse e, una volta giunta a destinazione, gli avrebbe scritto... 
 
La casa di Louise Senneville sorgeva alla periferia di Parigi. Era un sobborgo piuttosto elegante, e Danielle, che si era aspettata di approdare in una modesta casetta, non dissimile da quella che aveva condiviso per anni con zia Catarine, rimase non poco stupita quando il taxi si fermò dinanzi a una graziosa palazzina adorna di stucchi. “E' sicuro che sia il posto giusto?” domandò al conducente rileggendo l'indirizzo vergato sulla lettera. 
“Sì, "mademoiselle"“ rispose l'altro con un sorriso. “Numero ventidue, "n'est-ce pas"?” 
Ancora perplessa, pagò la corsa e, afferrando la sacca da viaggio, scese dalla vettura. Guardò l'orologio. Erano appena le otto e trenta! Le avrebbe aperto qualcuno a quell'ora? D'altro canto, non se l'era sentita di rimanere in stazione, tra balordi e nottambuli dell'ultima ora. 
Facendosi forza, suonò il campanello, e una graziosa cameriera vestita di nero aprì la porta. “Oui, "mademoiselle"?” 
“"Madame"“ corresse lei in modo automatico. Esprimendosi in francese, domandò: “E' in casa la signora Senneville?” . 
La ragazza corrugò la fronte, e per un attimo Danielle fu certa d'aver sbagliato casa. Sbirciando con discrezione, si accorse che l'atrio era arredato con inconsueto sfarzo. Un tappeto persiano ricopriva il pavimento di marmo, e un imponente scalone conduceva ai piani superiori. No, non poteva essere la casa di sua zia! Non quel palazzo! 
“Chi devo annunciare, "madame"?” domandò la cameriera in tono dubbioso. Lei deglutì a fondo. “Ma allora abita proprio qui la signora Senneville?” 
“Sì, "madame".” 
 
Sopraggiunse in quel momento un'altra donna. Osservandone gli abiti austeri, Danielle non tardò a capire che si trattava della governante. Ma quanta servitù aveva la Senneville? 
“Che cosa succede, Colette?” domandò la nuova arrivata in tono brusco. “Qualche problema?” 
Danielle si schiarì la voce. “Sono venuta a trovare mia zia. Sono Danielle Senneville.” “La giovane che ha sposato "monsieur" Antoine?” avanzò l'altra stupita. 
“Sì, mi chiamo de Sagreaux, adesso. Danielle Senneville in de Sagreaux.” Ma era stupita all'idea che quella donna fosse così bene informata. 
Dissimulando la propria meraviglia, la governante la invitò a entrare. “Prego, si accomodi, "mademoiselle"“ le disse in tono gentile. “Dovrei dire "madame", ma il fatto è che sembra così giovane!” 
Danielle non si sentiva giovane. La vita le aveva impartito una dura lezione. “Pensa che... oh, per favore, dov'è il bagno?” mormorò all'improvviso portandosi una mano alla bocca. 
La governante si affrettò a indicarle una porta. Lottando contro la nausea, Danielle si precipitò dentro e si appoggiò al raffinato lavabo verde pallido. 
Quando riemerse dal bagno, la sua sacca da viaggio era scomparsa insieme alla giovane cameriera. La governante le rivolse uno sguardo preoccupato. 
“Si sente meglio, ora?” s'informò sollecita. “Sì? Bene. Non ci siamo ancora presentate. Sono la signora Lefevre, la governante di sua zia, la signora Senneville. "Madame" è stata informata del suo arrivo e desidera vederla non appena se la sente.” 
Lei annuì. La nausea mattutina era passata, ma adesso aveva una fame terribile. D'altro canto, si vergognava a chiedere qualcosa da mangiare. 
 
Quasi intuendo il corso dei suoi pensieri, la signora Lefevre le indicò un salottino. “Si accomodi, la prego. Le porterò la colazione. Dopo un così lungo viaggio, avrà bisogno di ristorarsi.” 
“Grazie” sussurrò Danielle sollevata, entrando nell'arioso locale. Esalando un sospiro, si sedette su un divanetto rivestito di damasco bianco. Si chiese per un attimo se Antoine avesse trovato il suo biglietto. Non poteva non averlo notato. Era sul tavolo della cucina. Lei si augurava soltanto che David fosse riuscito a riportare per tempo il fuoristrada nel fienile. 
Non era stato facile raggiungere Anciens. Non c'erano taxi a Clervaux. Non sapendo guidare, si era rivolta a David che, desideroso com'era di vendicarsi di Antoine per il trattamento subito, aveva accondisceso ad accompagnarla in città. 
Il giorno precedente, era rimasta a letto più a lungo del solito, aspettando che Antoine se ne andasse prima di scendere dabbasso. Poi, quand'era arrivata Marie, se n'era andata al villaggio, inventandosi un paio di commissioni. Aveva rintracciato David a scuola e gli aveva rivelato i suoi progetti, senza peraltro motivargli quella drastica decisione. L'inglese non le aveva rivolto alcuna domanda, immaginandosi forse che quell'improvvisa partenza fosse dettata dall'infelicità coniugale. Danielle gli aveva proposto di usare il vecchio fuoristrada ricoverato nel fienile. 
Nel pomeriggio, dopo che Marie se n'era andata, lui era passato a prenderla e l'aveva condotta ad Anciens. Era ripartito poi in fretta e furia, onde riportare la macchina a Clervaux prima che Antoine ne lamentasse la sparizione. Danielle era salita sul primo treno per Parigi. Era stato un viaggio scomodo. Se avesse avuto denaro in abbondanza, avrebbe preso una cuccetta, ma aveva preferito risparmiare, non volendo presentarsi a casa di sua zia senza nemmeno un soldo. 
Era arrivata nella capitale la mattina presto, ripromettendosi di perdere un po' di tempo nel bar della stazione. Ma adesso era lì. 
Si guardò intorno stupita, contemplando i suggestivi dipinti a olio che adornavano le pareti. Louise Senneville doveva essere una donna molto ricca. Perché Antoine non gliel'aveva mai detto? Doveva di certo saperlo. Non sarebbe venuta se avesse immaginato un simile lusso. I panni della parente povera le andavano stretti. 
La governante ritornò con un vassoio colmo di delizie. “Ma non doveva disturbarsi!” esclamò lei turbata. 
“Nessun disturbo, "madame"“ sorrise l'altra lasciandola sola. Danielle mangiò con prodigioso appetito. 
 
La signora Lefevre ricomparve di lì a poco. “Desidera altro?” 
“No, grazie. Era tutto buonissimo” affermò lei alzandosi in piedi. Era inutile rimandare l'inevitabile. “Mi può condurre dalla signora Senneville, ora?” 
La governante la scortò al primo piano e si fermò dinanzi a una porta bianca a due battenti. Bussò con discrezione. 
“Avanti” esclamò una voce femminile. 
Danielle fu invitata a entrare in un vastissimo salone tappezzato di seta color lavanda. La sua attenzione fu attratta da una donna seduta su un'elegante "dormeuse". La zia di suo padre, Louise Senneville. 
Quest'ultima balzò in piedi con grazia e, avvicinandosi a Danielle, l'abbracciò con calore. “Benvenuta a Parigi, cara.” Si girò a guardare la governante. “Grazie, signora Lefevre. Può andare.” 
La governante scomparve in silenzio, richiudendo la porta dietro di sé. Danielle assunse un'espressione stupita. La zia era molto diversa da come se l'era figurata. Si era immaginata una vulnerabile vecchietta avvolta in scialli di lana. Ma non vi era nulla di fragile in quella donna che, ancorché sfiorita, sprigionava un fascino cui era impossibile sottrarsi. Louise Senneville vestiva con estrema eleganza, e al collo le riluceva un meraviglioso filo di perle. Le mani erano cariche di anelli raffinatissimi. Danielle, in jeans e maglione, incominciò a sentirsi a disagio. 
“Che bella sorpresa!” proseguì Louise in tono gaio. “Ha una casa bellissima” esordì lei intimidita. 
“Grazie” asserì la zia gentile. Vi era un che di familiare nel suo sorriso. “Ma sono certa che tu non sia venuta a trovarmi per parlare di arredamento.” 
“No.” Esitò. “Non avrei dovuto piombare qui, senza preavvisarla. Avrei dovuto scriverle.” 
“Non ce n'era bisogno” commentò Louise. “Immagino che tu sia venuta sola.” “Sì. Le dispiace?” 
“Al contrario.” Lanciò a Danielle un'occhiata indecifrabile. “Sarai mia ospite, spero.” “Solo per qualche giorno. Se... se posso” balbettò lei incerta. 
“Ma certo che puoi! La signora Lefevre mi ha detto che ti sei sentita poco bene al tuo arrivo .” 
“Il viaggio mi ha sfinita. Ho passato la notte in treno.” “E Antoine te l'ha permesso?” fece Louise stupita. 
“Antoine non sa che sono partita” confessò Danielle con un tremito. “Non gliel'hai detto?” 
“L'ho lasciato” si limitò a dire lei. “Perché sei incinta?” 
Danielle la fissò stupita. “Come fa a saperlo?” 
“Non è cosa che si possa nascondere in una casa di donne. La signora Lefevre ha avuto sei bambini, e io stessa ho sofferto di nausee mattutine a suo tempo.” 
 
Lei si lasciò cadere su una sedia. 
“Non sarei dovuta venire.”  
“Ma io non ti sto rimproverando, bambina mia!” 
“Non lo sapevo, capisce?” continuò Danielle contrita.  
“Credevo che lei fosse come mia zia che è morta poco prima che andassi a vivere con mio padre. Non mi immaginavo tutto questo!” Fece un gesto circolare. 
“Non capisco. Sei forse delusa?” 
“No, non delusa, per carità! Ma se avessi saputo che lei era così ricca ed elegante, non sarei venuta.” 
“Perché no?” 
Lei emise un sospiro. “Pensavo che lei fosse in grado di aiutarmi, che mi potesse dire che cosa fare.” 
“Ma io posso aiutarti!” 
“No” la contraddisse Danielle. “Non potrei mai accettare nulla da lei. Non ho niente da offrirle in cambio. Dalle sue lettere, mi ero immaginata che lei fosse un'anziana signora malata di solitudine. Mi perdoni, ma ero convinta che avesse bisogno di compagnia, di qualcuno che l'aiutasse a mandare avanti la casa. Le sue lettere non  le facevano giustizia, "madame". Mi dispiace. Me ne andrò non appena Antoine mi manderà un po' di denaro.” 
“Che sciocchezza!” scattò Louise spazientita. “Ma non capisci che è molto meglio così? Va bene, sono ricca, e con questo? Sapessi come sono sola! Certo, possiedo molte proprietà, ma non ho nessuno. Nessuno che mi voglia bene. Mi piace vivere nel lusso, non lo nego. Ma credimi, sarei disposta a rinunciare a tutto pur di ottenere un po' d'affetto!” 
 
“Ma vi sarà pur qualcuno che le vuole bene, "madame"!” protestò Danielle, commossa da quello sfogo. “La signora Lefevre, per esempio...” 
“La signora Lefevre mi rispetta, ma non è l'affetto che ci lega.” “Non ha parenti?” 
“Una volta avevo un figlio” confessò l'altra amara. 
 
Danielle soffocò un gemito.  
“E' ancora vivo?” domandò sconvolta dinanzi a tanto dolore.  
“Oh, sì.” Louise le si sedette accanto e le prese una mano.  
“Sì, Danielle. Mio figlio è vivo e vegeto, in quel di Clervaux.”  
Fece una pausa significativa.  
“E' mio nipote il bimbo che stai portando in grembo, bambina mia. Ora capisci perché desidero tenerti qui?”