Ninni Raimondi -  Maggio 2020 - -© Copyright all over the World                             
 
 
 
 
 
Con l'aiuto di Marie, Danielle adornò con festoni e rami di pino l'austera sala da pranzo. Ma nemmeno le vivaci decorazioni sortirono l'effetto di attenuarne l'opprimente tetraggine. D'altro canto, le sembrava il locale più idoneo per la cena natalizia. 
Due giorni prima di Natale, Marie le comunicò una notizia interessante. “E' arrivato un inglese, "madame". Insegna presso la scuola locale. Non è eccitata all'idea di incontrare un suo compatriota?” 
“Non vedo perché dovrei esserlo” replicò lei assente.  
“In fondo non lo conosco.”  
“Be', potrebbe invitarlo a cena, non crede? Così, tanto per aiutarlo ad ambientarsi.”  
“Vedremo” borbottò lei poco convinta.  
“Ma non è che spasimi dalla voglia di conoscere questo illustre sconosciuto.” 
 
“Sì, "madame"“ replicò Marie con un sorriso. 
Quella sera, quando Danielle menzionò ad Antoine l'arrivo dell'insegnante, lui fece una smorfia. “Di professori inglesi ne arrivano ogni anno a bizzeffe. Non restano mai a lungo. Il villaggio è troppo tranquillo per loro. In capo a qualche mese finiscono col trasferirsi a Lione o a Parigi. Mi dispiace deluderti, piccina, ma credo che nemmeno questo si tratterrà per molto.” 
“Non sono per niente delusa” obiettò lei seccata. “In fondo, non ho alcun desiderio di conoscere quest'uomo. L'ho detto anche a Marie.” 
Lui affondò il cucchiaino nel dolce. “Ti ha forse incoraggiata a familiarizzare con quell'insegnante?” 
 
“Be', in un certo senso, sì. Forse crede che io soffra di solitudine.” “Ed è vero?” Il suo sguardo era attento. 
“Sì” ammise lei sincera. “Capisco.” Sembrava irritato. 
“Che cosa pretendi, scusa? Non mi rivolgi mai la parola!” scattò lei sfidandolo con lo sguardo. “Ti limiti a parlare del tempo o del vigneto. Oh, è vero, qualche volta ti informi anche della mia salute.” 
“E di che cosa dovrei mai parlarti?” 
 
Lei fece una smorfia.  
“Non lo so. Di te, per esempio. Del tuo passato. In fondo non ne so nulla! Ignoro persino il nome della tua prima moglie.” 
Antoine scostò la coppetta e si versò da bere. “Si chiamava Julia. Julia Marron, da nubile. Soddisfatta, adesso?” 
Sparecchiando la tavola, lei decise di insistere. “Avete avuto dei figli?” “No.” Il tono era perentorio. 
Danielle si umettò le labbra. “Quant'è durato il matrimonio?” 
“Vuoi sapere per quanto tempo siamo stati sposati prima che lei morisse?” “E che cos'altro, altrimenti?” mormorò lei confusa. 
“Io e Julia ci siamo separati dopo soli due anni. E' morta cinque anni dopo.” Si alzò in piedi di scatto. “Vuoi sapere altro?” 
“Devi proprio essere così aggressivo? Mi fai sentire un'intrusa! Perché non provi a confidarti con me?” 
“Il mio passato non è cosa che ti riguardi.” E, senza aggiungere altro, Antoine uscì dalla cucina. 
 
La mattina di Natale, Danielle fu svegliata dal sole che entrava a fiotti dalla finestra. Consultando l'orologio, s'avvide che erano le otto passate. Con un sospiro di rincrescimento, si alzò dal letto. Aveva un mucchio di cose da fare. La sera prima aveva farcito il tacchino che le aveva procurato Antoine dietro sua richiesta. Danielle aveva infatti deciso di preparare una cena natalizia all'inglese. 
Dopo essersi concessa un lungo bagno tonificante, si vestì in fretta e sgusciò sul pianerottolo. La porta di Antoine era chiusa, ma niente provava che lui fosse ancora a letto. 
Suo marito era piuttosto mattiniero. Si alzava sempre all'alba, e non mancava mai  di accendere il fuoco. Ma quella mattina il camino era spento, e la cenere grigiastra offriva un ben misero spettacolo. La cucina era una ghiacciaia. Mentre accatastava un po' di legna, Danielle si domandò che cosa ne fosse stato di lui. Aveva forse trascorso la notte fuori? 
Scacciando quell'orribile sospetto, appallottolò con cura alcuni giornali vecchi, cui appiccò fuoco con uno zolfanello. Le fiamme presero a crepitare con un guizzo allegro. 
Dopo aver riposto le stoviglie che ingombravano lo scolapiatti, preparò il tè e ne sorbì una tazza con avidità. L'improvvisa comparsa del gatto che reclamava  la pappa le fece venire in mente i preparativi della cena. Acceso il forno, vi infilò dentro il tacchino e con un sorriso soddisfatto si versò un'altra tazza di tè. 
In quel mentre s'aprì la porta della cucina, e Antoine avanzò con passo incerto. 
Si era alzato da poco, non c'erano dubbi. Aveva la barba lunga e i capelli scarmigliati. L'espressione assonnata sembrava accrescere la sua bionda bellezza. 
 
Si stropicciò gli occhi con aria costernata. “Santo cielo, Danielle, mi dispiace! Non ho sentito la sveglia.” Abbozzò un sorriso timido. “E per giunta, proprio la mattina di Natale!” 
Lei ridacchiò divertita. “Non fa niente” gli assicurò facendo spallucce. Per quanto strano potesse sembrare, era sollevata all'idea che lui avesse dormito a casa e non tra le braccia di un'altra donna. “Vuoi una tazza di tè?” Fece l'atto di versarglielo. “Aspetta!” la prevenne lui avvicinandosi di un passo. “Lascia che prima ti auguri buon Natale.” Estrasse un piccolo pacchetto dalla tasca dei calzoni. “E' per te” le disse imbarazzato. 
Danielle sgranò gli occhi. Non si sarebbe mai aspettata tanta sollecitudine da parte sua. “per me?” 
“Sì, aprilo. Spero che ti piaccia.” 
Trattenendo il fiato, lei scartò il pacchettino con mani tremanti. Apparve una minuscola scatolina in pelle. "Sarà una spilla", pensò emozionata. Ma quando sollevò il coperchio, si ritrovò a fissare un'incantevole vera di brillanti. Soffocò a stento un'esclamazione di meraviglia. 
 
Rivolgendole un dolce sorriso, lui prese l'anello e glielo infilò al dito.  
“Ti piace?” 
“E' bellissimo” esclamò lei con voce rauca. Era felice, certo, ma anche angosciata all'idea di dover ricambiare quel favoloso regalo con un misero dopobarba. 
“Ma ti piace?” 
“Certo che sì!” Deglutì a fatica. “Grazie.” Agendo d'impulso, si sporse in avanti e gli posò un bacio sulla guancia irsuta. “In ogni caso, non dovevi” aggiunse poi ritraendosi in fretta. Si tolse l'anello e lo ripose nella custodia di pelle. 
“Perché?” 
“E' troppo costoso.”  
“Sciocchezze” tagliò corto lui. 
 
Lei scosse il capo.  
“Io ti ho comprato solo un pensierino” gli confessò preoccupata. Antoine aggrottò la fronte. “Senti, se ti ho regalato quell'anello è perché desidero ringraziarti. Punto e basta. Stai diventando un'ottima padrona di casa.” 
Lei si sentì morire. Aveva sperato che quel dono denotasse affetto più che gratitudine. Ma era chiaro che Antoine continuava a considerarla come una governante. Dopo aver appoggiato la scatolina sulla credenza, gli servì la colazione con gesti meccanici. L'atmosfera natalizia le stava giocando un brutto scherzo. Si  era forse dimenticata che, fino a tre mesi prima, aveva pensato di disprezzare quell'uomo? 
Antoine la accompagnò alla messa delle undici. Al termine della funzione, Don Charles si attardò sul sagrato per i consueti auguri natalizi. Fu felice di rivedere Danielle. “Allora, cara figliola, come va? E' il tuo primo Natale nella valle. Spero che lo trascorrerai in letizia.” 
“Auguri, padre” mormorò lei sorridendo. 
“Buon Natale, Antoine!” esclamò una gaia voce femminile alle loro spalle. 
Era Vivienne Couvrier, elegantissima nell'ampia pelliccia di visone selvaggio. “Che fulgida visione!” dichiarò Don Charles facendo il galante. 
“La trovo benissimo anch'io, padre” lo adulò lei con la consueta civetteria.  
 
Il vecchio prete si allontanò tutto soddisfatto. 
Vivienne si voltò a guardare Danielle. “Che cosa ti ha portato Babbo Natale, quest'anno?” domandò beffarda. “Mi auguro qualcosa di bello.” 
Danielle avrebbe voluto sventolarle l'anello di brillanti sotto il naso, ma non l'aveva indossato. “Non sono rimasta delusa. E tu?” 
 
L'altra non si degnò di replicare. “E tu, Antoine, che cosa hai ricevuto?” 
Ma prima che lui potesse rispondere, sopraggiunse Don Charles. “Andiamo a bere un bicchiere di vino in canonica” propose cordiale. “Bisognerà pur festeggiare il Natale!” 
"Madame" Villiers, l'anziana perpetua, li accolse con calore. Ostentando una disinvoltura che non sentiva, Danielle assaggiò un pasticcino alla crema. Ma la presenza di Vivienne al fianco di Antoine le causava una profonda sofferenza. 
“Come intende trascorrere il Natale, signora Couvrier?” indagò il prete con bonarietà. 
Vivienne fece una smorfia. “Andrò a pranzo dai Columbe” spiegò con aria annoiata. “E nel pomeriggio mi recherò a trovare i miei figliastri.” Serrò le labbra. “Così vuole la tradizione.” 
“Ma certo!” dichiarò Don Charles sorridendo. “E' bello trascorrere le festività in compagnia dei parenti, no?” 
“Bellissimo!” rispose Vivienne arricciando il naso. Ma il buon prete non avvertì l'ironia delle sue parole. 
 
Deponendo il bicchiere sul tavolo, Antoine si alzò in piedi. “Noi andiamo” annunciò con decisione. 
“Perché?” lo interrogò Vivienne delusa. “E' ancora presto!” 
“Mia moglie ha molto da fare in cucina” le rispose lui in tono piatto. “Sta preparando una cena natalizia all'inglese.” 
“Che sposina premurosa!” esclamò Don Charles gentile. 
Vivienne assunse un'espressione irritata. “Perché non venite a trovarmi, tu e Danielle, una di queste sere?” 
“Non so se potremo” rispose Antoine indifferente. “Te lo farò sapere. Grazie comunque per l'invito.” 
Il viaggio di ritorno si svolse in un clima di rilassata armonia. In prossimità della tenuta, lui si girò a guardare Danielle. “Mi sono comportato bene con la Couvrier? Niente da eccepire, questa volta?” 
“Ma allora ammetti che lei è attratta da te?” 
“A Vivienne piacciono gli uomini” riconobbe lui senza sbilanciarsi. “E agli uomini piace lei.” 
Danielle si morse le labbra. “Piace anche a te?” “Certo” fece lui divertito. “Sono un uomo, no?” 
“Già” rispose lei vaga, lasciando cadere l'argomento. 
 
La giornata trascorse in un baleno. 
Dopo aver ultimato i preparativi della cena, Danielle salì in camera sua per rinfrescarsi. Spazzolatasi i capelli, li raccolse in un morbido chignon e si mise un paio di vezzosi orecchini. Con un sorriso soddisfatto, aprì le ante dell'armadio e tirò fuori l'abito di velluto nero che aveva acquistato ad Anciens. Era un po' troppo elegante per l'occasione, ma decise di sfoggiarlo comunque. 
Di ritorno in cucina, aprì il forno per controllare la cottura del tacchino che aveva assunto un bel colore dorato. Dopo aver guarnito la torta con alcune ciliegine candite, si avvicinò alla credenza e prese la scatolina entro cui era custodito l'anello che le aveva regalato Antoine. Ne sollevò il coperchio e rimase a contemplare la vera di brillanti con aria sognante. Seguendo l'impulso del momento, se la infilò al dito con un sorriso furtivo. 
 
In quel mentre arrivò Antoine che, senza degnarla di uno sguardo, prese ad attizzare il fuoco. “Ho fame. E' pronta la cena?” 
Ferita dalla sua indifferenza, Danielle perse il controllo di sé. “Sì, è pronta!” gridò furente. “Per te è solo una cena come tante altre, vero? Tanto valeva che restassi in blue jeans e apparecchiassi in cucina!” 
Lui parve sorpreso. “Non ceniamo qui?” 
“No! Ho preparato in sala da pranzo, anche se non riesco proprio a capire che cosa me lo abbia fatto fare!” 
Si girò di scatto, cincischiando le cocche del grembiule. Le lacrime le offuscavano lo sguardo. Si era illusa di poter migliorare una situazione che non aveva via d'uscita. Ma non era cambiato nulla. 
Antoine le posò le mani sulle spalle. “Mi dispiace, Danielle. Sono stato brusco. Il Natale risveglia in te il ricordo della patria lontana. Avrei dovuto capirlo.” 
“Lasciami andare!” Antoine non aveva capito un bel nulla. E lei non sapeva che cosa farsene della sua compassione. “Devo controllare il tacchino!” 
“Danielle, ascoltami, ti prego! Volevo solo dirti che capisco...”  
“Non è vero!” dichiarò lei disperata. “Lasciami andare!” 
Ma nel tentativo di divincolarsi, perse l'equilibrio e vacillò. Afferrandola per la vita, lui l'attrasse a sé con vigore. Per alcuni secondi nessuno dei due parlò. Rimasero a fissarsi con interrogativo stupore. Allentando la stretta, lui indietreggiò di un passo e aggrottò la fronte. 
Ancora sconvolta dall'intimità di quell'abbraccio, Danielle si appoggiò al lavello. Le mani di Antoine avevano suscitato in lei sensazioni che non aveva mai sperimentato sino ad allora. Nell'avvertire contro il grembo la sua calda virilità si era sentita sciogliere. Dunque anche lui era eccitato! Nascondendo il proprio turbamento, concentrò la propria attenzione sul tacchino che cuoceva nel forno. 
 
La cena si rivelò un successo.  
Accantonando ogni dissapore, Antoine fu prodigo di complimenti. Dopo aver sparecchiato, Danielle servì caffè e liquori nel salottino. 
Il fuoco scoppiettava allegro, e lei si sentiva felice. Ogni cosa era filata alla perfezione, e ne era orgogliosa. Senza riflettere, si versò due dita di cognac. 
“Non berne troppo” l'ammonì Antoine mentre si adagiava sul divano. “E' molto forte.” Sedendosi sulla poltrona, Danielle sorseggiò il liquore con circospezione e si sentì pervadere da un calore innaturale. 
Lui la osservò per alcuni istanti senza parlare. “La cena è stata deliziosa” disse poi. “Non avrei mai creduto che i piatti inglesi potessero essere così buoni.” 
“Lo sono, eccome!” reagì lei di buonumore. “Anche a me è piaciuta la cena. Peccato che ci siano così tante pentole da lavare!” 
“Posso darti una mano, se vuoi” si offrì Antoine. 
“Grazie, ma non ce n'è bisogno” rispose Danielle sorridendo. Contemplò l'anello che le riluceva al dito. “E' bellissimo, non trovi?” 
“Ti sta molto bene” ammise lui. 
Trangugiando un altro goccio di cognac, lei fissò il fuoco con aria trasognata. Era pervasa da un piacevole torpore. Girando il capo, si accorse divertita che Antoine aveva chiuso gli occhi. Si era addormentato. 
Si lasciò sfuggire un sorriso.  
 
Nel sonno sembrava un bambino. 
Sollevando la bottiglia, si versò una seconda dose di liquore. In fondo, che male c'era a bere un po'? Dopotutto era Natale! Poteva anche concedersi una birichinata! Si voltò a guardare Antoine ed emise un sospiro. Alzandosi in piedi, si inginocchiò accanto a lui e rimase a fissarne il bel viso ancora brunito dal sole. Sollevò una mano e gli accarezzò una guancia ombreggiata da un velo di barba. Era ruvida al tatto, pensò con un brivido. 
Si ritrasse di scatto per paura di svegliarlo. "Che cosa mi sta succedendo?", si chiese in preda all'agitazione. Perché si sentiva così irrequieta? Che cosa voleva da quell'uomo che era suo marito? 
Assunse un'espressione infelice. Non era mai stata innamorata in vita sua, e non aveva mai provato turbamenti di natura sessuale. Scosse il capo con impazienza. La cosa strana era che non provava più repulsione nei confronti di Antoine. 
 
Agitandosi nel sonno, lui le posò una mano sulla spalla.  
Lei si irrigidì di colpo e abbassò lo sguardo su quelle dita maschie che sembravano esprimere un'idea di possesso. Avrebbe voluto sottrarsi a quell'insinuante carezza ma, nel timore di svegliare Antoine, rimase immobile. 
Trascorsero alcuni secondi. Il silenzio che regnava nel salottino era interrotto a tratti dal sommesso crepitio del fuoco. 
Una folata di vento si abbatté sulla finestra, e l'improvviso tintinnio dei vetri ridestò Antoine che aprì gli occhi di colpo. Ma non ritrasse la mano come lei si era aspettata. Fissandola con languido stupore, le accarezzò il collo e le imprigionò un seno tra le dita. 
Danielle fu scossa da un violento sussulto.  
 
Le sembrava di vivere un sogno.  
Un sogno di soffuso erotismo. 
Si alzò in piedi di scatto e si avvicinò al camino.  
“Abbiamo bevuto troppo” dichiarò con voce tremante. 
Lui corrugò la fronte.  
“Tu, forse.  
“Be', in ogni caso...” 
 
Ma Antoine non la lasciò proseguire.  
“Santo cielo, Danielle!” esplose esasperato. “Sei stata tu a provocarmi!” 
“Non è vero!” replicò lei oltraggiata. 
“Sta' attenta, piccina. Gli uomini possono essere imprevedibili quando sono eccitati. E tu stai facendo del tuo meglio per eccitarmi. Non riesco ancora a capirne il motivo, ma immagino che questo tuo comportamento sconsiderato sia da attribuirsi all'inesperienza.” 
Danielle si sentì umiliata. “Dovrei ringraziarti?” “Forse.” Si alzò in piedi e avanzò di un passo. 
“Sei stato tu a incominciare!” l'accusò lei con livore. “Non che io sappia.” 
“E allora, prima di cena?” sbottò Danielle senza riflettere. Antoine l'afferrò per un braccio. “Che cosa vuoi dire?”  
“Lasciamo perdere.” 
“Va' avanti” la incalzò lui minaccioso. 
 
Lei ebbe un tremito convulso.  
“Be', quando hai cercato di scusarti...”  
“E allora?” la interruppe Antoine scettico. 
 
Danielle si morse le labbra.  
“Quando mi hai stretta tra le tue braccia, tu...”  
Si fermò di colpo, incapace di continuare. 
“Ah, capisco” fece lui in tono derisorio.  
“Hai pensato che...”  
Non terminò la frase.  
“Mi dispiace deluderti, piccina, ma un uomo può essere eccitato da così tante cose!”  
 
Divincolandosi come una furia, lei lo schiaffeggiò in pieno viso.  
Lui si irrigidì di colpo, e per un attimo Danielle temette che l'avrebbe picchiata.  
Ma senza dire una sola parola, Antoine girò sui tacchi e uscì dalla stanza.  
Qualche minuto dopo s'udì il cigolio della porta d'ingresso, e lei capì che se n'era andato.