Numero sette! 
29 Giugno 2007
 
 
 
 
"Buongiorno." 
Quella voce mi arrivò come un violento pugno sullo stomaco. Il sapore amaro e dolciastro della lingua mi portava alla nausea. 
"Vedo che hai dormito bene, questa notte." 
Aprii gli occhi. Una luce, bianca e violenta, mi infiammò la testa. Avrei voluto vomitare. Lui era lì e osservava. L'abito scuro e il volto serio mi facevano capire che, anche oggi, non sarebbe stata una buona giornata. La testa. La testa mi doleva come una ferita da ... 
 
"Buon giorno Dottore. Che ore sono?". 
 
Silenzio pesante adesso. Mi osservava, con quell'aria pensierosa come se avesse voluto essere a un milione di chilometri da lì. 
"Mi odia", pensai. 
 
"E' ora di alzarsi", rispose secco. 
Si sedette sull'unica sedia della stanza e continuò a osservarmi con quella sua aria inquisitoria dei giorni precedenti. Intanto l'odore di carne fresca, cruda e penetrante non mi abbandonava. Il profumo di caffè riempiva l'aria di quella piccola cella e il sapore dolciastro, di qualche tempo prima, era solo un ricordo. Ripensavo a mia madre quando, dopo una lunga giornata di silenzio, mi portava con sé dal macellaio per comprare della carne. Ho sempre amato tanto la carne, il profumo, il gusto e quella sensazione forte mi perseguitava con forza. Il sapore del sangue caldo, corroborante e attaccaticcio sulle dita. Ci voleva tanto lavoro per farlo andar via dalle dita. Nascondevo le mani e le unghie nella speranza che nessun mi notasse. Lui, il dottore, era sempre lì a guardarmi e rimproverarmi. Lo faceva spesso e il più delle volte con la gioia di farmi del male. 
 
"E' ora di alzarsi". 
 
La sua voce. Quella voce dura e tanto familiare mi riportò alla realtà. Ero lì, rintanato sotto le coperte e ancora sporco dalla notte prima. 
Aprii gli occhi. La luce era insopportabile. Mi alzai e voltandomi di scatto vidi che la tazza, quella del latte per intenderci, era vuota. Miserabilmente vuota, come il giorno prima. Cristo, ma il sapore della carne cruda e le macchie di sangue sulle mani e sulla bocca c'erano davvero. I polsi, le tempie e le spalle mi dolevano fino a farmi urlare. 
 
"Ha dormito questa notte?" 
 
La voce, adesso, era perentoria. L'avevo sognata per tutta la notte quella donna. 
 
"Sì, ho dormito bene". 
Bella nel suo vestito rosso, ne sentivo ancora il profumo della pelle mentre la stringevo. Sentivo il sapore delle sue labbra. Sentivo le sue mani che mi afferravano e stringevano fino a farmi male. 
 
"L'ha sognata ancora?" 
La voce del dottore mi giunse da lontano come se provenisse da fuori la finestra. 
"Perché dovrei avere sognato una persona? Perché sempre queste domande? Ho fame!" 
Si alzò dalla sedia di fronte al letto e venne verso di me. Lo vidi minaccioso, cattivo e con uno sguardo che non prometteva nulla di buono, almeno non per me quella mattina. Mi guardai le mani e non risposi.  All’improvviso mi afferrò i polsi, stringendoli con forza. Il dolore era lancinante. Vidi i suoi occhi carichi di odio! Reagii strattonandolo. Questa volta mi sarei difeso. Mi divincolai, piegai su me stesso e urlai con quanto fiato avevo in corpo.  
Urlai fino a scoppiare.  
Urlai fino a spaventarmi della mia stessa voce. 
Urlai. 
 
Fu allora che sentii bussare e aprire la porta. 
 
“Buon giorno numero sette, era un solo un sogno. Si svegli!” 
Mi voltai. Ero madido di sudore e sentivo ancora i polsi farmi male. 
 
“Numero sette, si svegli!”. 
 
Lo vidi avvicinarsi al letto e scuotermi violentemente. Mi resi conto di avere avuto, di nuovo, lo stesso incubo; sempre lo stesso ogni notte. 
Adesso, però, ero sveglio. 
 
Cristo, un altro giorno!