L 'Antica Dama 
 
Che bel giardino potevo osservare da qui. 
Ma ero nervoso, quasi come non fossi tranquillo. 
Come a voler placare la mia inquietudine, un lieve sentore di profumo si insinuò nel cortile. Toccò piacevolmente le mie narici e sembrò fondersi col chiaro di luna. Lo aspirai profondamente mentre stavo in piedi accanto alla fontana. Ma pian piano quell'odore divenne più percettibile, più forte; un profumo dolciastro che cominciò ad insinuarsi nei polmoni come il fumo di una sigaretta. Vaniglia. L'aroma mielato ricopriva il giardino; riempiva l'aria. 
E qui arrivò la vera sorpresa di quella splendida serata. 
Guardandomi intorno per scoprire la fonte di quel profumo, vidi di fronte a me, seduta su un alto sedile di pietra, una donna. Era vestita completamente di nero e il suo volto era nascosto da un velo.
 
Sembrava non accorgersi della mia presenza. 
 
Teneva la testa leggermente china e tutta la sua persona suggeriva uno stato di profonda contemplazione. Vidi anche la cosa accucciata al suo fianco. Era un cane, una bestia gigantesca dalla testa stranamente sproporzionata e dagli occhi grandi come cucchiai. Per qualche istante rimasi a guardare i due.  
 
Sebbene l'aria fosse piuttosto fredda, la donna non indossava soprabito, solo l'abito nero ravvivato unicamente dal candore del suo collo. Con un sospiro di rammarico nel vedere così disturbata la mia piacevole solitudine, attraversai il giardino finchè non le giunsi al fianco. Anche allora non diede alcun segno di accorgersi della mia presenza così, schiarendomi la gola, dissi esitante: 
 
"Suppongo che siate la proprietaria di qui. Io..io davvero non sapevo che il posto fosse abitato e il cancello, beh, il cancello non era chiuso. Sono spiacente della mia intrusione". Non mi diede alcuna risposta e anche il cane si limitò a fissarmi in un ottuso silenzio. Nessuna graziosa espressione di garbato congedo mi venne alle labbra e mi avviai furtivamente verso il cancello. 
 
 
 
 
 
 
 
"Vi prego non ve ne andate", disse lei all'improvviso sollevando lo sguardo. 
 
"Sono così sola. Oh se solo sapeste quanto sono sola!". Si spostò ad un'estremità del sedile e mi fece segno di sedermi accanto a lei. Il cane continuava a scrutarmi con i suoi grandi occhi. Seguì un intervallo di silenzio, durante il quale mi sforzai di trovare il modo per iniziare una conversazione. Ma all'improvviso lei si rivolse al cane e disse in tedesco:  
 
"Fort mit dir, Johann!". Ubbidiente il cane si alzò e scivolò lentamente nell'ombra. Poi la donna, in un italiano un po' ricercato e marcato da un forte accento straniero, disse: 
 
"Era tanto tempo che non parlavo con qualcuno. Noi siamo due estranei. Io non so chi siete, voi non sapete chi sono io. Eppure, a volte, degli estranei scoprono di avere interessi comuni. Facciamo conto di dimenticare consuetudini e formalità di presentazione. Vogliamo?
Per qualche motivo, sentii il mio cuore accelerare i battiti mentre lo diceva. 
 
 
 
 
"Prego" risposi, "un posto come questo è già una presentazione sufficiente. Ditemi, vivete quì?". Per un attimo non rispose ed io cominciai a temere di aver preso troppo alla lettera il suo suggerimento. Poi cominciò lentamente:  
 
"Mi chiamo Perla von Maurhen e sono davvero un'estranea nel vostro Paese. Sono morta circa un anno fa. Venni dall'Austria, vicina a quella che adesso è la frontiera cecoslovacca. Sapete, fu per ritrovare mio fratello che morii. Durante la guerra contrassi una strana malattia: il mio sangue non bastava più a sorreggermi e poi...lentamente..." ed in quella chinò il capo.  
 
Le lanciai uno sguardo: "Morta?", domandai. Il velo tremò come scosso da un brivido, come se nei suoi pensieri fossero riaffiorati terribili eventi del passato. Senza accorgersi della mia interruzione, la donna proseguì: "Stanotte sono venuta quì - non so perchè - magari soltanto perchè il cancello non era chiuso e qui dentro c'era questa quiete. Ora spero di non avervi tediato con le mie confidenze....".
"Assolutamente no", risposi. "Sono venuto quì per caso anch'io. Probabilmente mi ha attirato la bellezza del posto: sono molto sensibile ad una veduta insolita. Sono uscito per una passeggiata notturna perchè volevo liberarmi la mente dei cattivi influssi di un libro che stavo leggendo. "  
 
Mi diede una strana risposta, una risposta che si discostava dal filo logico della conversazione e che mi sembrò uno sfogo sfuggitole involontariamente. "I libri", disse, "hanno un grande potere. Possono imprigionare un uomo più delle mura di un carcere". Colse il mio sguardo perplesso a quella frase ed aggiunse frettolosamente: "E' strano che dovessimo incontrarci proprio quì..".  
 
Già, pensai, mentre con la mano sinistra cercavo di far ruotare la rotellina del mouse dopo aver letto l'ultima pagina del mio diaro. Parlava di una baita e della solitudine a lieto fine, mentre in questo momento nel Mondo Accanto, le cose non stavano andando per il verso giusto. Ma qual'era il giusto verso? Osservai la donna che, racchiusa in se stessa, mi offriva un sorriso: Un sorriso vuoto e rassegnato. Notai, nel frattempo, una nuvola nera e minacciosa con due strane estremità a forma di ala che ricordavano un mostruoso pipistrello in volo. Serrai forte gli occhi e guardai di nuovo. "La nuvola!", esclamai, "quella strana nuvola! Avete visto...".
Mi interruppi e restai a guardare stupefatto. Il sedile accanto a me era vuoto; la donna scomparsa e al suo posto un biglietto, vergato con una calligrafia tondeggiante ed inclinata: "La terza via per una lettera recapitata o smarrita è perderla proprio durante il recapito". 
 
Lontano, il suono metallico di un'arpa seguiva una voce che con calma recitava:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
"Dall’Acqua 
un gesto forte,  
fuggente,  
autentico nella mano 
a coppa trasparente.....".
 
 
L'Antica Dama continuava a cantare il Suo inno alla vita ... 
 
S'era fatto tardi e m'incamminai lentamente verso la superfice dello specchio che, tante volte, mi aveva visto varcare la soglia del Mondo Accanto. L'ultima persona che incontrai fu mia sorella e nel suo composto silenzio, mi restituì i fogli e le penne utilizzate durante quel soggiorno. Un abbraccio, forse l'ultimo e lo specchio deformò la sua immagine; vi passai attraverso e  tornai nel mio mondo fatto di riflessi, di pienezze e solitudini; di sussurri urlati e lacrime rabbiose. Da lontano, appena percettibile un singhiozzo disperato squarciava quella pesante solitudine: Lei, l'Antica Dama, aveva perso l' ultimo alibi per attaccarsi alla vita che questo incubo le aveva donato.
 
 
 
 
       
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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