di Ninni Raimondi 
8 Luglio 2024
7 La strage Strassera
 
La strage Strassera 
 
 
Qua la prima perla: 
Lettera del 1955 di Palmiro Togliatti, Segretario del PCI, al suo deputato Francesco Moranino (Tollegno,1920-Grugliasco, 1971), accusato di omicidio plurimo aggravato, continuato e occultamento di cadavere di ben cinque persone, vittime nella località piemontese di Portula nel Biellese della cosiddetta “Strage di Strasserra” (26 novembre 1944), dal cognome dell’agente segreto Emanuele, appositamente inviato al nord dagli alleati per coordinare l’azione partigiana. 
 
Cinque persone, dunque, quattro partigiani e lo stesso Emanuele Strasserra, con l’inganno tratte e catturate in un’imboscata ad opera del comandante partigiano Moranino; quindi, fucilate nell’ambito della strategia di salvaguardare l’egemonia del PCI nella lotta partigiana in Piemonte. 
Il 9 gennaio 1945 Francesco Moranino fu pure responsabile dell’ordine per l’uccisone delle compagne di due dei quattro partigiani, vittime della strage di Strasserra, perché risolute a denunciare la delittuosa faida partigiana, attuata da Moranino contro resistenti non ispirati dalla causa comunista. 
 
Questa lettera di Togliatti è successiva al 27 gennaio 1955, al governo sedeva Mario Scelba, quando la Camera dei deputati, su richiesta della Procura di Torino, approvò a maggioranza l’autorizzazione a procedere contro Moranino per i delitti sopraindicati; ed è pure successiva alla fuga dello stesso accusato in Cecoslovacchia sotto la protettiva dittatura del locale governo filosovietico. 
Attenzione: il processo fu consentito poiché i reati, provati e ascritti a Moranino, non rientravano minimamente tra i reati amnistiati nel 1946 dallo stesso Togliatti, allora ministro della giustizia! 
 
La vicenda giudiziaria di Moranino contumace, poi, si riassume così: il 22 aprile 1956 condanna all’ergastolo da parte della Corte d’Assise di Firenze; nel 1957 conferma dell’ergastolo per giudizio della Corte d’Assise d’Appello; il 27 aprile 1965, nella ricorrenza del ventennale della Liberazione, concessione della grazia ad opera del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, ma Moranino rientrò in Italia dalla Cecoslovacchia comunista, solo dopo l’amnistia del 4 giugno 1966, comprensiva dei reati “determinati da movente o fine politico”, anche commessi da “appartenenti al movimento della Resistenza”. 
 
In Cecoslovacchia Francesco Moranino svolse attività di spionaggio a favore del blocco sovietico, pure a scapito dell’Italia, ma sempre a favore dell’azione politica dei comunisti italiani. Il nome di Moranino, agente al soldo dei servizi cecoslovacchi, compare anche dopo il suo rientro in Italia, addirittura dopo la sua morte, nelle carte della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro nel 1978. 
Ancora, per esplicita ammissione del Prefetto Riccardo Malpica, dal 1987 al 1991 capo del SISDE, Servizio Informazioni per la Sicurezza dello Stato, sempre Moranino, attraverso Radio Praga, sarebbe stato in contatto con il gruppo terroristico delle Brigate Rosse, fondato appunto nel 1970. 
Tale legame con il terrorismo italiano rosso brigatista è stato confermato dalla testimonianza di Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, presente il 25 aprile 1971 ad un incontro suo e di Renato Curcio, Mara Cagol, altri due esponenti di rilievo delle BR, con Francesco Moranino, nemmeno due mesi prima che quest’ultimo morisse: guarda caso, l’incontro si svolse a Borgosesia, poco distante da dove lo stesso Moranino aveva tenuto il suo comando partigiano durante la guerra. 
 
Non solo:  
Moranino, nel 1971 ancora senatore del PCI, incontrò Franceschini, Curcio e Cagol, ben conoscendo la loro appartenenza alle Brigate Rosse! 
Togliatti e il PCI sono complici di un volgare traditore e assassino! 
 
Ciascuno tragga le sue conclusioni. 
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E adesso la racconto nello specifico. 
 
 
La strage Strassera 
“Emanuele Strassera” era un agente del governo italiano (e contemporaneamente agente dell’OSS) risiedente allora nel Sud liberato, sbarcato sulla costa ligure da un sommergibile USA all’inizio dell’estate 1944 ed inviato nel Nord Italia dagli angloamericani, con il compito di coordinare la lotta partigiana e riferire della situazione presente. 
 
Strassera arruolò a questo scopo quattro partigiani. 
Strassera aveva il compito di consegnare un rapporto agli agenti alleati operanti in Svizzera. Al momento di portare in Svizzera le informazioni chiese aiuto alle formazioni partigiane vicine per essere scortato in Svizzera. 
Nel Biellese era forte la Brigata comunista Garibaldi-Biella che comprendeva il 6° distaccamento “Pisacane” comandato da Francesco Moranino, detto “Gemisto” nato a Tollegno nel 1920. 
 
Strassera contattò Moranino per l’aiuto occorrente per arrivare in Svizzera. 
L’aiuto tuttavia non arrivò mai (nonostante ci fu un messaggio radio di missione compiuta). I 5 partigiani vennero uccisi il 26 novembre 1944 in località Portula. Le vittime furono: Emanuele Strassera, capo missione; Gennaro Santucci, partigiano; Ezio Campasso, partigiano; Mario Francesconi, partigiano; Giovanni Scimone: partigiano. 
Successivamente, il 9 gennaio 1945 vennero uccise le spose di due dei partigiani, Maria Santucci e Maria Francesconi, uccise con un colpo alla testa perché cercavano di scoprire la verità sulla sorte dei loro mariti. Gli assassini cercarono di far ricadere la responsabilità della morte delle due donne sui fascisti ed i loro rastrellamenti. 
 
Il fatto rimase per anni avvolto nel mistero. 
Nel dopoguerra i familiari dei 5 partigiani fucilati e delle 2 donne uccise presentarono alle autorità delle prove frutto di loro indagini. A seguito di queste prove furono fatte delle indagini ufficiali che orientarono le responsabilità sul partigiano Moranino, nel frattempo diventato deputato comunista. 
Il Moranino fu accusato dell’eccidio dei 5 menbri della “Missione Strassera“, il 26 novembre 1944 in località Portula, attirandoli in un’imboscata e della sorte che il 9 gennaio 1945 toccò a due spose degli uccisi. 
 
Il 27 gennaio 1955 la Camera dei Deputati, con maggioranza di centrodestra, votò l’autorizzazione a procedere nei confronti di Moranino (allora deputato del Pci) su richiesta della Procura di Torino; l’accusa era di omicidio plurimo aggravato e continuato ed occultamento di cadavere, ma Moranino nel frattempo si era rifugiato in Cecoslovacchia. 
Il 22 aprile 1956, il processo svoltosi a Firenze si concluse con la condanna da parte della Corte d’Assise all’ergastolo di Moranino per sette omicidi. Si legge nella sentenza: 
 
«Perfino la scelta degli esecutori dell’eccidio venne fatta tra i più delinquenti e sanguinari della formazione. Avvenuta la fucilazione, essi si buttarono sulle vittime depredandole di quanto avevano indosso. Nel percorso di ritorno si fermarono a banchettare in un’osteria e per l’impresa compiuta ricevettero in premio del denaro.» 
La sentenza di condanna all’ergastolo fu confermata dalla Corte d’Assiste d’Appello nel 1957. 
 
Nel 1958 alcuni sospetti sullo svolgimento del processo e delle indagini, che per molti avvevano come solo scopo un intento persecutorio contro il comandante partigiano, portarono il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi a commutare la pena in dieci anni di reclusione (cosa che avrebbe permesso al Moranino di rientrare in Italia). 
Il 27 aprile 1965 Francesco Moranino, sempre esule a Praga, venne poi graziato dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat ma rimpatriò solo quando fu ufficialmente riconosciuto che i fatti di cui era accusato erano “atti di guerra” (tra l’altro non da lui ordinati), connessi con la Guerra di Liberazione e quindi giuridicamente legittimi. 
Il 19 maggio 1968, Pci e Psiup annunciarono la candidatura nel collegio senatoriale di Vercelli dell’ex deputato condannato all’ergastolo, tuttavia graziato. Il Moranino sarà rieletto con 38.446 voti ed entrerà nella Commissione industria e commercio del Senato. Morì, tre anni dopo, stroncato da un infarto. 
 
Il ‘caso’ Moranino rappresenta un caso tipico. 
Il delinquente è dapprima aiutato dal PCI, dai suoi fiancheggiatori e dall’Unità, che cercano di avvalorare prima la tesi del complotto contro la Resistenza, poi quella che i fatti debbano inquadrarsi nella ‘Lotta di Liberazione’. Se occorre aiutando ad espatrare l’imputato nel paradiso sovietico. 
Con l’aiuto della stampa compiacente di norma raggiungono lo scopo minimo: far applicare l’amnistia emanata da Togliatti e quindi ridurre la pena a pochissimi anni o annullarla del tutto. 
 
Nota: 
Il 22 aprile 1956 il processo svoltosi a Firenze si concluse con la condanna da parte della Corte d'Assise all'ergastolo di Moranino per i sette omicidi.  
 
Si legge nella sentenza: 
"Perfino la scelta degli esecutori dell'eccidio venne fatta tra i più delinquenti e sanguinari della formazione. Avvenuta la fucilazione, essi si buttarono sulle vittime depredandole di quanto avevano indosso. Nel percorso di ritorno si fermarono a banchettare in un’osteria e per l'impresa compiuta ricevettero in premio del denaro"