Calliope
1 Ottobre  2015
 
Rapito da vorticosi pensieri 
Vedo la vita scivolare nell’ombra. 
Domande senza risposta turbano i miei giorni 
E io sono il mistero più grande. 
E i giorni volano via, 
Come cavalli selvaggi corrono via. 
E io non posso spiegare le mie ali per inseguirli 
Poiché le ho perse in un tempo remoto. 
Dentro di me il demone urla, 
Incatenato nell’ombra da catene 
che lui stesso ha forgiato, 
Intrappolato ad un passo dalla luce. 
 
Non oso guardarmi allo specchio perché vedrei l’immagine del mio persecutore. 
Guardo il sole sorgere dietro la basilica e di nuovo assaporo i ricordi ritrovati. I dubbi sono spariti con le tenebre e ora sono certo che le immagini che ho visto stanotte non erano un sogno, ma memorie di ciò che ero, accompagnate dalla consapevolezza di ciò che sono ora. 
Chiudo gli occhi e sento. Sento la brezza che mi accarezza il viso e fa scendere brividi piacevoli lungo la schiena. Sento il calore del sole farsi sempre più forte sulla mia pelle. Sento due rondini che si chiamano e si inseguono nell’aria rosa dell’alba. Riapro gli occhi e le vedo, volano alte, sembrano zigzagare tra i raggi di sole che perforano le nubi. Sento le lacrime rigarmi il viso. 
 
Ricordo. 
Ricordo quando anche io avevo le ali. 
Ricordo quando ero un angelo. 
Eoni fa. 
Ero uno degli araldi di Dio,  
volavo in un universo ancora giovane  
ed ero i Suoi occhi,  
le Sue orecchie,  
la Sua voce,  
la Sua mano. 
Ero libero. 
Vivevo nella luce. 
Poi… 
 
Ricordo il dubbio che si insinuava, le parole dette a bassa voce e le occhiate complici, sperando che Lui non se ne accorgesse, ricordo i primi incontri segreti, le discussioni, le idee di tradimento e vera libertà. 
E ricordo il discorso di Satana. 
 
Era il più bello, il più potente e nella luce della Sala Maggiore sembrava un vero Dio. 
Le sue parole erano un fiume travolgente di verità, libertà, luce. 
Non era possibile non lasciarsi convincere. 
 
Io ero accanto a lui, il suo braccio destro. Quel discorso lo avevamo preparato insieme. 
Così decidemmo di ribellarci a Dio. 
Per milioni di anni infuriò la guerra. Non c’era momento in cui le nostre spade fiammeggianti non si incrociassero. Il giorno era oscurato dal fumo e dalla cenere, la notte era illuminata dalle fiamme e dai fulmini. 
Poi scoprii l’inganno. 
Satana aveva mascherato i suoi disegni di potenza e dominio con le mie parole di libertà e uguaglianza. 
Fu uno dei giorni peggiori della mia vita. 
Io e altri lasciammo le schiere dei ribelli, ma non potevamo, non volevamo tornare ad essere servi di Dio. Avevamo assaggiato la libertà, non potevamo più rinunciarvi. E a parte questo, il nostro e il Suo orgoglio ce lo impedivano. 
Iniziammo a combattere Satana, ma dovevamo difenderci anche dagli angeli. 
 
Alla fine vinse Dio. 
La sua vendetta fu tremenda. 
Precipitò i ribelli di Satana nelle viscere della Terra e li mutò in maniera orribile. Divennero diavoli. 
A noi andò peggio. 
Dio ci privò dei nostri poteri, delle nostre ali e della memoria. Ci disperse sulla Terra, nel tempo e nello spazio, incatenati nelle tenebre, bramosi della luce, intrappolati tra Inferno e Paradiso.  
E con una maledizione.  
La solitudine! 
Non ci sono concessi l’amore e l’amicizia degli uomini. Per quanto ci sforziamo, per quanto ci possiamo avvicinare, alla fine siamo sempre soli. Se questo è tremendo normalmente, figuratevi per noi, dotati di una sensibilità molto maggiore di quella degli uomini, vagamente consci del fatto che sia una condanna, ma senza averne mai la certezza, perché privati del passato. 
Ricordo che scrissi, tempo fa alla nascita di un amore, un poesia: 
 
Scendete nelle strade  
voi che vi amate 
Ballate nelle piazze. 
Ho bisogno di vedervi, 
Come il prigioniero nella torre 
Guarda gli uccelli volare. 
 
E per ogni vostro bacio verserò due lacrime 
Una di dolore per ciò che mi manca 
Una di gioia per ciò che avete. 
Due lacrime per l’amore. 
 
E tu, tu che hai la chiave della torre, 
Vieni. 
Liberami. 
Amami. 
 
E sarai libera anche tu. 
Voleremo insieme 
Sopra la nebbia 
Oltre le nubi 
Verso le stelle. 
 
Danzeremo su una luna d’argento 
Danzeremo sulle rovine della torre 
Danzeremo sorretti dal vento. 
 
Era il 17 ottobre, il giorno del mio compleanno. 
L'otto gennaio aggiunsi una strofa: 
La fredda pietra sottrae calore al mio corpo. 
Una farfalla muore fiammeggiando  
nella luce della mia candela. 
Attraverso una feritoia vedo le nubi coprire le stelle. 
La porta é ancora sprangata. 
Gli uccelli sono volati lontano, 
E tu con loro. 
 
Non sono un angelo, ma neanche un diavolo. Prima di condannarci Dio ci chiamò demoni. 
Sopra di me altri uccelli salutano l’alba, il loro cinguettio è soffocato dal rumore delle auto. 
Anche la città saluta il sole. 
Questa notte ho recuperato la memoria, so chi sono e cosa ho fatto. 
 
Ci sono delle zone d’ombra. 
Quando ero un angelo potevo vedere il tempo nella sua interezza, quello che gli uomini chiamano passato, presente e futuro erano contemporaneamente sotto i miei occhi. 
 
C’è qualcosa. 
Un evento di fondamentale importanza che sta per accadere, ma io non lo ricordo. 
Stringo le palpebre e fisso il sole. Il mondo è pieno di previsioni e profezie, basta distinguere quelle valide dalle fasulle e interpretarle e saprò cosa deve accadere. 
Ma prima devo trovare gli altri demoni che si sono incarnati in questo tempo. 
Insieme abbiamo combattuto contro Dio e contro Satana. 
Insieme combatteremo ancora. I nostri ideali sono immortali. 
Tento un’ultima volta di muovere muscoli della schiena che non ho più. 
Mi volto e mi incammino verso casa. 
Ho un brutto presentimento.  
L’ultimo mi aveva annunciato la fine di un amore, questo che sto sentendo mi fa quasi più paura. 
 
Sfreccio attraverso le nubi che dividono il Regno dal mondo degli uomini. 
Per un attimo il sole indora le mie ali e mi immagino come una freccia di luce che attraversa lo spazio. 
Sotto di me, una ferita nel bianco – oro della Città, c’è il nero cratere che una volta era la Sala Maggiore, lasciato lì dal Signore come monito per chi gli si volesse ribellare nuovamente. 
 
La Sala Maggiore, il luogo in cui ebbe inizio la rivolta di Satana e in cui si svolse la battaglia che ne sancì la fine. Poco distante c’è la collina su cui il braccio destro di Satana affrontò e uccise Daniele, il campione del Signore. 
Che giorno incredibile fu quello: il più nobile e valente degli arcangeli sconfitto da un semplice angelo. 
Non tanto semplice in verità se dopo essere stato consigliere di Satana lo ha abbandonato una volta scoperto l’inganno e con pochi seguaci è riuscito a tenere testa a lui e a noi. 
Forse il Signore temeva che potesse divenire un nuovo Satana e cercasse anche lui di detronizzarlo, per questo avrà deciso di condannare lui e i suoi a vivere come demoni tra gli umani. 
Un brivido mi corre lungo la schiena, una condanna veramente terribile la solitudine, considerato anche il fatto che se non fosse stato per il loro aiuto le forze di Satana alla fine ci avrebbero sopraffatto. Comunque non sta ad un angelo valutare il disegno divino. 
Passo troppo tempo con gli umani appena trapassati, sto venendo influenzato dalla loro maniera di percepire gli eventi come passati, presenti e futuri. 
Dal momento della vittoria non è passato neppure un attimo: qui il tempo non esiste. 
Mentre plano verso il Palazzo non posso fare a meno di chiedermi come finirà questa volta, le linee temporali sono troppo confuse per poter vedere l’evento chiaramente. 
L’unica certezza é che difendere la pace e l’armonia del creato sarà il nostro scopo. 
 
Il sentiero è stretto e scivoloso e a strapiombo su uno dei Pozzi, ma io scendo velocemente aiutandomi con gli artigli delle mani e dei piedi. 
Trasformando i nostri corpi pensava di punirci, invece ci ha dato grandi vantaggi. 
La mia forma oscura e imponente si riflette per un istante negli occhi di un dannato incatenato. 
Contrae la faccia in una smorfia e si prepara per il dolore, ma oggi non sono venuto per lui. 
Raggiungo la Voragine, è già piena e lui ha appena iniziato a parlare. 
E’ come la prima volta, le sue parole ci inebriano, la sua voce ci droga. 
Le fiamme lo ammantano con un alone di potenza e le sue ali ci circondano nell’abbraccio del padrone. 
Mentre parla non usa le esche che aveva usato l’altra volta per irretire quanti più angeli poteva, noi siamo i suoi fedeli, i suoi adoratori, con noi parla chiaro. Parla di potere, parla di dominio, parla di conoscenza, parla di nuove anime con cui banchettare. 
Parla di vendetta. 
 
Lui è Satana e condurrà noi diavoli alla vittoria. 
La terra si aprì e da essa si riversarono fuori come una nera marea i diavoli. 
Gli artigli e le zanne splendevano e chiedevano sangue e vendetta. 
Il cielo si squarciò e da esso calarono come una meteora infuocata gli angeli. Le spade e le ali fiammeggianti promettevano giustizia e punizione. 
Dalle ombre scivolarono fuori i demoni, l’inganno ancora bruciava nei loro petti, ma anche la punizione sofferta chiedeva un riscatto. 
Si voltarono verso il loro condottiero. 
Disse una sola parola: “Diavoli” e la battaglia cominciò. 
 
Durò tre giorni e due notti e fu combattuta su tutta la Terra. 
Alcuni uomini avevano letto le profezie e fecero quanto vi era prescritto, salvandosi. 
Gli altri morirono. 
Poi la battaglia finì. 
Sulle rovine della casa di un amore perduto vi sono un diavolo agonizzante, un angelo e un demone. 
Il demone guarda il paesaggio un tempo familiare, ora completamente devastato. 
I palazzi non ci sono più, le villette sono un cumulo di macerie. 
Il prato incolto ora è un cratere fluorescente e del campetto da calcio rimangono quattro tizzoni in ricordo delle porte. 
Tutto è distrutto. 
Su tutta la Terra. 
 
Parla il diavolo: 
– Abbiamo cercato la vendetta e il potere con ogni mezzo, subdolo o scoperto, che siamo riusciti ad architettare. Forse oggi abbiamo fallito, o forse abbiamo portato a termine l’inganno più perfetto. 
Parla l’angelo: – E’ stata una lotta terribile che ha portato lutti e distruzione, ma, infine, per gli eletti che sono sopravvissuti, si prospetta una vita di pace e armonia nella luce del Signore. 
Lacrime scendono sul viso del demone, si mischiano al sangue delle ferite e cadono a terra. 
Qui c’era la sua camera, doveva essere qui quando è crollato tutto. 
L’ho avvertita, ma non potevo dirle tutta la verità, non mi avrebbe creduto, almeno credo. 
La mia indecisione mi causa sempre dolore. 
 
Parla il demone: 
– Ma non vedete cosa abbiamo fatto? Che devastazione abbiamo portato? 
Abbiamo combattuto nel nome di grandi ideali dimenticando i piccoli uomini. 
Cosa sono pace, vendetta, libertà, potere, verità, armonia, uguaglianza, se non vuote parole senza gli uomini che le rendono vive? Per perseguire i nostri egoistici progetti per il genere umano abbiamo schiacciato gli uomini, abbiamo dimenticato di dover servire ogni singolo essere vivente, non imponendogli i nostri sogni, ma aiutandolo a realizzare i propri. 
 
Dovevamo confortarli nel dolore e abbiamo distrutto le loro vite. 
– Dovevamo condividere le loro gioie e li abbiamo annientati con la nostra vittoria. 
– Non riesco a proseguire,– e mi accascio a terra singhiozzando sommessamente. 
 
Parla di nuovo il diavolo: 
"Siamo sconfitti",  dice e poi muore. 
 
Poi parla Dio! 
Ma noi non sappiamo cosa disse perché il demone, che mi ha raccontato questa storia, non lo ascoltò. 
Le parole di Dio erano per gli uomini e per gli angeli e non lo riguardavano. E comunque non lo interessavano. 
Si allontanò trascinandosi dietro la sua spada fiammeggiante. 
Una spada fiammeggiante, pensò guardandola, l’arma di un angelo. 
Per un momento fu tentato di abbandonarla come una specie di lapide ma, si disse, poteva ancora essere utile. 
Si diresse verso un cumulo di macerie, dove si stavano riunendo altri demoni. 
Provò a raddrizzare le spalle e non ci riuscì. 
In realtà non si sforzò neppure più di tanto. 
 
Dio finì di parlare e l’angelo si voltò. 
Il demone era appoggiato a quello che rimaneva di un muro. 
Si stava bendando le ferite. 
– E allora? – 
Gli sentì dire rivolto ad altri demoni 
– Cosa sono quelle facce? Pensate che il pianeta si ricostruisca da solo? Abbiamo del lavoro da fare, muovetevi. 
 
L’angelo sorrise e pensò che non era proprio compito suo valutare il disegno divino. 
Spiegò le ali, si librò nell’aria e raggiunse gli altri angeli. 
La luce del sole dorò le loro ali, una scia di frecce luminose salutò il nuovo giorno. 
 
Questo racconto è dedicato ad alcune persone e per alcuni motivi. 
E’ dedicato ad un amore perduto, perché mi ha dato molte cose; anche l’ispirazione per questo racconto. 
E’ dedicato a Calliope – Musa della poesia epica -, che è viva e reale e continuerà ad essere viva e reale come le sue sorelle, finché qualcuno avrà qualcosa da dire e lei sa il perché. 
E’ dedicato a me e a quelli come me che ci guardiamo intorno e non riusciamo a trovare un posto, nella nostra vita, oppure una ragione per vivere. 
E’ dedicato a me e a quelli come me perché ce lo meritiamo. 
 
 
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