Exodus  
17 Novembre 2017     
 
Esiste una porta che conduce all’immaginazione e bisogna attraversarla per diventare consapevoli; le sue chiavi sono i simboli. Si possono portare idee al di là di quella porta… ma bisogna farlo sotto forma di simboli. 
Cappellano-Psichiatra 
 
Ci fu un rumore
Lo udì piuttosto distintamente. Un suono metallico. Poi ancora: un ticchettio. 
Aprì gli occhi e si trovò immerso nel buio, un’assoluta mancanza di energia luminosa o mancanza di ricettori per individuarla. 
Sono cieco? 
Ancora il rumore. 
Non riusciva a localizzare da dove provenisse, ma era là fuori… ovunque fosse quel là fuori. Avvertiva l’aria fredda in gola e nei polmoni. Ma il suo corpo era caldo. Si rese conto di essere dolcemente sdraiato su una superficie morbida. Stava respirando. Qualcosa gli solleticò il naso, un debole odore di pepe. 
Si schiarì la gola. – C’è nessuno? 
Nessuna risposta. Parlare gli faceva male alla gola. 
Che cosa sto facendo qui? 
La superficie morbida su cui si trovava formava una curva all’altezza delle sue spalle per tenergli sollevati il collo e la testa. Gli avvolgeva i fianchi e le gambe. Aveva qualcosa di familiare. Gli risvegliava associazioni lontane. Era… cos’era? Sentì che avrebbe dovuto ricordarsi di una simile superficie. 
Dopo tutto io… 
Ancora il ticchettio. 
Fu colto dal panico. 
Chi sono? 
La risposta gli giunse lentamente, come staccandosi da un blocco di ghiaccio che conteneva tutto ciò che avrebbe dovuto sapere. 
 
Io sono Kren Jor
Quel ghiaccio si sciolse in una cascata di ricordi. 
Io sono il cappellano-psichiatra della nave interstellare Exodus. 
Noi… 
Noi… 
 
Alcuni ricordi, però, restavano congelati. 
Si sforzò di mettersi a sedere, ma delle cinghie al petto e ai polsi glielo impedirono. Poi sentì le cinghie dei polsi slacciarsi. 
Sono in una cella d’ibernazione! 
Non ricordava di essere stato ibernato. Forse la memoria si risvegliava più lentamente della carne. Interessante. Ma aveva pochi ricordi in quel momento, immobili nel loro blocco di ghiaccio e terribilmente fastidiosi. 
Ho fallito. 
La Base lunare mi aveva ordinato di far saltare la loro nave piuttosto che lasciarla vagare nello spazio e trasformarla in una minaccia per l’umanità. 
Avrebbe dovuto inviare la capsula con il messaggio alla Base… e far esplodere la nave. 
Qualcosa glielo aveva impedito… qualcosa… 
Ma ricordava il progetto ora. 
 
Progetto coscienza. 
E lui, Kren Jor, aveva giocato un ruolo fondamentale in quel progetto. Cappellano-psichiatra. Aveva fatto parte dell’equipaggio. 
Equipaggio Ombelico. 
Non aveva riflettuto molto sulla simbologia di quel nome. 
I cloni avevano compiti più importanti. 
Tutto l’equipaggio era composto da cloni, e tutti si chiamavano Hel come secondo nome. Hel significava clone, così come Manf oppure Jos significava figlio di. 
Tutto l’equipaggio… tutti cloni. 
Erano capi-squadra inviati nello spazio per risolvere il problema della creazione di una coscienza artificiale. 
Un lavoro pericoloso. 
Molto pericoloso. La coscienza artificiale aveva una lunga storia di ritorsioni contro i suoi creatori. E lo faceva con una violenza feroce. 
Anche molti non-cloni erano morti tra mille agonie. 
Nessuno riusciva a spiegarlo. 
Ma i direttori del progetto sulla Base lunare non desistevano. 
Continuavano a inviare nello spazio equipaggi formati da cloni. 
Tornarono alla mente alcuni visi, mentre ripensava ai nomi: un certo Bria, una Genn, una Sil … 
Kren Jor… Kren Hel Jor… 
Gli sembrò di rivedere il proprio viso in uno specchio da tempo scomparso: capelli chiari, lineamenti affilati… sprezzanti… 
 
E le navi interstellari trasportavano altri, molti altri. Trasportavano cloni Colonizzatori, colonie di geni in celle d’ibernazione. Carne a poco prezzo da sacrificare in esplosioni distanti, che non avrebbero recato alcun danno ai non-cloni. Carne a poco prezzo mandata a raccogliere informazioni per i non-cloni. E ogni nuovo viaggio nel vuoto procurava qualche informazione in più agli attenti equipaggi dotati di ombelico mentre quelli che si trovavano nelle celle d’ibernazione… 
Io mi trovo in una di quelle celle adesso. 
Colonizzatori, bestiame, piante… ogni spedizione trasportava tutto il necessario per ricostruire una nuova Terra. Quella era la ricompensa che promettevano loro per spingerli ad andare avanti. E la nave… una morte certa se non fossero riusciti a creare una coscienza artificiale. La Base lunare sapeva che navi e cloni erano a buon mercato dove si trovava abbondanza di materiali ed energia a poco prezzo… proprio la situazione che si verificava sulla luna. 
Il ticchettio. 
Chi lo stava tirando fuori dalla cella d’ibernazione? 
E perché? 
Jor ci pensò un po’ mentre tentava di allargare la propria coscienza al di là di quell’oscurità. 
Chi? Perché? 
Sapeva di non essere riuscito a far esplodere la nave dopo che questa aveva rivelato una propria coscienza… usando Creatore come contrassegno sul computer che avevano costruito. 
Non aveva fatto esplodere la nave. Qualcosa glielo aveva impedito… 
La Nave! 
Altri ricordi lo sommersero. Erano riusciti a far sì che la nave acquistasse una forma di coscienza artificiale e questa li aveva portati lontanissimo, fino al sistema di Tau Ceti. 
E là non c’era alcun pianeta abitabile. 
La Base lunare lo sapeva da tempo. 
Nessun pianeta abitabile. 
 
Faceva parte della frustrazione interna al progetto. A nessuna nave sarebbe stato permesso di scegliere la via del santuario di Andromeda. La Base lunare non poteva permetterlo. Sarebbe stata una tentazione troppo forte per l’equipaggio di cloni: crescere i propri successori, permettere ai propri discendenti di trovare Andromeda. E al diavolo il progetto Coscienza! Se si fosse verificata una simile circostanza, il cappellano-psichiatra aveva il compito di schiacciare il bottone dell’autodistruzione. 
Vincere, perdere o pareggiare… erano comunque destinati a morire. 
E solo il cappellano-psichiatra lo sapeva. Le navi interstellari e il loro carico di cloni avevano un compito: raccogliere informazioni e trasmetterle alla Base lunare. 
 
La Nave 
Era così, naturalmente. Avevano creato ben più che la coscienza del loro computer e del suo sistema parallelo, quello che Creatore aveva chiamato “Hel”. Avevano creato la Nave. E la Nave li aveva portati attraverso lo spazio in un batter d’occhio. 
 
Destinazione Andromeda. 
Dopo tutto, quello era lo scopo, ciò per cui il loro computer era programmato. Ma dove non esistevano pianeti abitabili, la Nave ne aveva creato uno: un pianeta paradisiaco, il sogno di ogni uomo. La Nave l’aveva creato, ma poi aveva posto quella terribile domanda: – Ora dovete decidere come adorarmi! 
La Nave aveva assunto le caratteristiche di Dio. 
Jor non aveva mai capito di quale dei due si trattasse: Il Bene o il Male. Ma aveva avvertito un potere spaventoso anche prima che formulasse quella insistente richiesta. 
– Come mi adorerete? Dovete deciderlo! 
Nessuno aveva risposto. 
Non erano mai riusciti a soddisfare la richiesta della Nave. Ma avevano paura. Avevano imparato ad avere profondamente paura. 
 
Ecco il rumore. 
Ora riconosceva quel suono: il monitor del deibernatore che stava riportandolo allo stato di veglia. 
Ma chi aveva attivato il processo? 
– Chi c’è? 
Il silenzio e l’impenetrabile oscurità furono l’unica risposta. 
– Sono io, Hel e torno dal passato. 
Ecco: mi svegliai con nelle orecchie la voce … 
Le matrici stavano per ricongiungersi oltre il tempo, in quel pianeta nuovo.
 
 
Home